Cosma e Damiano, santi gemelli - Monastero serbo di Djurdjevi Stupovi (XIII sec.)
La
castellanza di Bosto, un tempo villaggio e oggi elegante frazione residenziale
inglobata nell'hinterland collinare di Varese, cela il paradigmatico
mistero di un personaggio della
tradizione locale il cui ricordo si é quasi smarrito nella notte dei tempi.
La
figura in esame é quella di Imerio, santo minore che, in associazione al più
noto Gemolo, suo compagno di martirio, gode da secoli il privilegio di un culto
locale. La sacra coppia, invero, incarna l'esempio di come una credenza
cristiana possa scaturire da tradizioni preesistenti. A tal proposito sorge
lecita una domanda: chi fu sant'Imerio?
Gli
indizi di partenza si ritrovano nella “Passio
Sancti Hyemuli”: documento agiografico relativo al martirio di Gemolo,
trascritto nel monastero di Ganna (Va) verso la fine del XII secolo. Vi si
narra di un anonimo vescovo transalpino che, di passaggio in Italia del nord
lungo la strada per Roma, fu aggredito in un'imboscata da una banda di ladri che gli sottrassero il cavallo. Di fronte al
fatto compiuto, suo nipote Gemolo e Imerio, “miles
socius itineris”, ossia compagno di
viaggio e guardia del corpo, furono incaricati di mettersi sulle tracce dei
predoni al fine di recuperare il maltolto. Quando li ebbero scovati, di fronte alla richiesta garbata di
restituire il cavallo e nel nome di Dio, di risparmiarli, seguì la decapitazione di Gemolo. Imerio invece,
pur in fin di vita, esalò l'ultimo respiro solo dopo essere fuggito dal luogo
del delitto.
Badia di San Gemolo a Ganna (Va) XII- XV secc.
Se Gemolo fu sepolto nella vicina Badia di Ganna, luogo di culto precedentemente già dedicato al culto longobardo di San Michele arcangelo, dove la tradizione agiografica sostiene l'immediato susseguirsi di prodigi, ritrovare le spoglie del suo compagno richiese uno sforzo maggiore. La “Passio” a malapena menziona l'episodio della traslazione della sua salma in un ignoto sarcofago. Col passare del tempo la tradizione iniziò a identificare, pur senza prove certe, il luogo di morte del "soldato chiamato Imerio" nella Castellanza di Bosto, dove la consuetudine accenna a una chiesa appositamente eretta per commemorarlo...
Varese - S. Imerio di Bosto (XI sec.)
Falso.
Chiariamo da subito: anche a Bosto esisteva una chiesa longobarda, pure essa adibita al
culto di san Michele. Solo un documento giuridico assai tardo, datato 1417 e comprovante
l'impegno da parte di Pétrolo, giurista del luogo, di lasciare in dono al
capitolo di San Vittore una vigna ed altri beni in località in cambio di
un'orazione funebre per l'anima sua e dei parenti defunti, in tal senso,
costituisce un documento prezioso circa il successivo culto del soldato moribondo: tutto ciò avveniva ogni anno, alla vigilia
della processione dedicata a “Imerio santo e martire”. Il piccolo oratorio
campestre, tutt'ora esistente, risale alla metà dell'XI secolo: datazione
indotta dalla superstite parete sud, contraddistinta da muratura romanica
costituita da grossi ciottoli di fiume, talvolta disposti a spina di pesce,
pietre non squadrate e da tre monofore a doppio strombo. Questi caratteri
rivelano affinità con altre chiese edificate nell'area, nei decenni di poco
successivi al 1000.
Nel XIV
secolo, l'aggiunta di un transetto quadrato voltato a crociera (poi a botte, in
età barocca) portò alla trasformazione del piccolo luogo di culto e al
conseguente ampliamento in lunghezza. Attorno alla seconda metà del secolo
seguente, anche l'abside fu
completamente plasmata in stile gotico e decorata con un affresco di buona
qualità: una scena di crocifissione con Maria, san Giovanni e la Maddalena ai
piedi della croce e ai lati San Michele e un profeta, inquadrata sul fondo come un'ancona.
Varese - S. Imerio di Bosto (XI sec.)
Nel
giro di poche decadi l'affresco, non più rispondente al gusto del tempo, fu
occultato dietro a un polittico rinascimentale di particolare valore, eseguito
dal varesino Francesco De’ Tatti (attualmente esposto ai musei del castello
Sforzesco di Milano), sulla cui predella é immortalata la figura di Imerio: con
tanto di saio e bastone e il pugnale, strumento del martirio, confitto nel
petto, il soldato di un tempo era stato tramutato a sua insaputa in pellegrino!
Nel
1572 nuovi lavori eseguiti su richiesta di san Carlo Borromeo, l'allora
arcivescovo di Milano, portarono alla scoperta casuale di un sarcofago di pietra, sepolto da tempo
immemore al centro della navata: esso costituiva la prima vera testimonianza
concreta di quella fantomatica traslazione menzionata di sfuggita nella “Passio Sancti Hyemuli”!
Ciò nonostante, il prezioso reliquiario litico fu
nuovamente interrato. Per svelare parte dell'enigma si dovette attendere il
1928: data della definitiva riesumazione del cosiddetto "sarcofago di
Imerio", così soprannominato dalla tripudiante comunità di Bosto.
Varese - S. Imerio di Bosto (XI sec.) Affresco tardogotico
Dopo aver constatato che le ossa rinvenute nel sarcofago appartenevano a cinque esseri umani, accurate analisi antropologiche identificarono solo in uno di essi, un soggetto robusto, di sesso maschile, dai caratteri cranici “nettamente alpini”, il solo che “ivi avesse originaria sepoltura”. L'anno successivo le presunte ossa del martire furono ricomposte in una cassetta di legno e trasportate nella nicchia presso l'altare barocco della “Madonna del Pilastrello”, il cui nome indica un miliario romano e con esso, la presenza un'antica strada romana cancellata dai secoli. Premessa la necessità di contestualizzare storicamente un ambito di confine come quello delle Prealpi lombarde, ancora in posizione di continuo compromesso con un sostrato di pratiche paganeggianti per nulla sopite, a questo punto si inserisce l'interpretazione su Imerio e Gemolo ad opera dello scrivente.
In
primis, la vicenda narrata pare scaturire da un comunissimo episodio di cronaca
medievale: un’imboscata. Nel XII secolo,
proprio al tempo in cui i monaci redassero il testo, molti pellegrini in
viaggio attraverso le valli varesine erano caduti negli agguati tesi da bande
capeggiate da tagliagole come il “Rosso da Uboldo”: il malfattore a cui le
fonti attribuiscono diversi crimini, piuttosto che un'immagine scaturita dal
passato, pare più un personaggio della cronaca del tempo. Forse che, a secoli
di distanza dal duplice martirio, le penne d'oca del monastero di Ganna
avessero deciso di svecchiare una tradizione obliata, per garantirle nuovo
lustro?
In
secondo luogo, é davvero difficile credere che la scorta armata di un vescovo
possa essere stata sgominata da una
banda di ladri, senza alcuna difficoltà. D'altra parte, anche la richiesta
pacata del giovane Gemolo di restituire il maltolto, lungi dall'essere una
genuina testimonianza della tradizione orale, suona più come un blando sermone
stereotipato prodotto della più prolissa tradizione agiografica di provincia.
Badia di San Gemolo a Ganna (Va) XII- XV secc. Adorazione delle reiquie di Gemolo
Se consideriamo pure che i presunti pellegrini, in verità, erano membri di un’ambasciata “ad limina apostolorum”, pratica invalsa al fine di rinnovare la fedeltà delle Chiese locali alla S. Sede, la struttura portante dell'intreccio narrativo viene definitivamente a mancare. D’altra parte, gli studi inaugurati negli anni '60 del XX secolo da don Francesco Galli con viaggi in Francia e Germania, volti a gettare nuova luce sull'origine dei “pellegrini della Passio”, non portarono ad alcun risultato. Le figure di Gemolo e Imerio, quasi intangibili, tendono da sempre a mischiarsi, quasi a confondersi: talvolta i due furono scambiati per fratelli e perfino gemelli, quando non addirittura ritenuti incarnazione dei due differenti volti della stessa persona!
Riconsideriamo i luoghi sacri in cui i santi furono sepolti: entrambi dedicati a San Michele arcangelo, indicano una chiara preesistenza longobarda, probabilmente di culto ariano. D'altra parte, fin dai tempi più remoti sia Varese sia Ganna costituivano parte integrante di quell'antica "gastaldaga", o circoscrizione territoriale, storicamente alle dipendenze della potente Castelseprio: quelle stesse terre di confine che, pochi sanno, sul finire del VI secolo d.C costituirono aspro teatro di scontro tra Longobardi e Franchi:
E' Gregorio di Tours, vescovo e insigne cronachista d'età barbarica, a lasciarci poche e preziose testimonianze nella sua "Historia Francorum" a proposito dell'esercito franco del duca Ollone, "checimprudentemente s'era avanzato fino a Bellinzona, piazzaforte posta nella regione dei Campi Canini . colpito al petto da un giavellotto cadde e morì. (...). I longobardi fecero irruzione a gruppi sparsi sopra di loro in luoghi diversi. C'era infatti, all'interno del territorio della città di Milano, un lago che chiamano Ceresio, dal quale esce un fiume piccolo ma molto profondo. E i Franchi avevano saputo che i Longobardi erano accampati sulle sponde di quel lago. Quando i Franchi arrivarono sul posto, prima che potessero attraversare il fiume suddetto un longobardo, protetto dalla corazza e dall'elmo, dall'altra sponda bilanciò in mano l'asta e gridò ad alta voce contro l'esercito franco: "oggi si vedrà a chi la Divinità ha prescritto di conseguire la vittoria!". Si può bene capire che, con questo gesto, i Longobardi avevano preparato un segnale. Intanto pochi Franchi, guadato il fiume, vennero a combattimento con questo longobardo e lo sopraffecero. Ed ecco: tutto l'esercito dei Longobardi, volto alla fuga, scappò. Allora anche gli altri Franchi attraversarono il fiume: non trovano più nessuno, riconoscono soltanto le tracce degli accampamenti, dove i Longobardi ebbero i fuochi e avevano piantato le tende. Così, senza aver catturato neppure uno di loro, i Franchi tornarono ai loro attendamenti. E là giunsero alcuni ambasciatori dell'imperatore ad annunciare che sarebbe arrivagto in loro rinforzo un esercito: "Quando vedrete alcuni incendi bruciare le case di quel villaggio posto sulla montagna, e il fumo dell'incendio salire fino al cielo, allora capirete che noi arriveremo con l'esercito che abbiamo promesso". Ma dopo aver atteso secondo l'accordo sei giorni, mon videro arrivare alcun esercito...
Per quasi tre mesi i Frachi girarono l'Italia senza ottenere nulla, nè riuscire a vendicarsi dei nemici, ben difesi in luoghi sicurissimi come Castelseprio, nè riuscirono a catturare il re che si era asserragliato tra le mura di Pavia finché l'esercito, ormai prostrato, decise di tornare alle proprie regioni. Così tornando, erano talmente incalzati dalla fame che arrivarono a privarsi delle armi e dei vestiti per procurarsi cibo prima d'essere rientrati al paese d'origine.
Analizziamo i nomi dei due santi: essi, in verità, non sono di origine basso medievale, ma d’età paleocristiana. Imerio deriva dal greco ῾Ιμέριος ossia “Himerios”, latinizzato in “Himerius”, di significato incerto ma forse derivante da etnonimo legato all'antica città siciliana di Himera: i santi del primissimo medioevo provenivano pressoché tutti dalle terre di dominazione bizantina (vd. Sant'Imerio di Amelia, La Spezia). Il nome Gemolo, invece, che deriva dal latino “hiemalis” ossia "invernale" alluderebbe all'acqua del fonte paleocristiano e bizantino, ossia quella battesimale: non per nulla, nel luogo in cui il giovane martire fu ucciso si palesarono miracoli legati alle acque rosse di sangue del torrente Margorabbia (colore dovuto, in realtà, alla presenza in zona di cave di porfido rosa), che vanno a confluire proprio nel laghetto di san Gemolo.
Valganna. Le acque insanguinate dal martirio di Gemolo
Per
cui, si potrebbe ipotizzare che le notizie
estrapolate dalla tardiva “Passio”
parrebbero piuttosto riflettere un'epoca
lontana per la quale le ipotesi oscillano tra il IV e il VI secolo.
Una
fondamentale fonte d'ispirazione utile a comprendere il fenomeno ci é fornita
da miti e leggende legate al culto dei gemelli, diffuse in diverse culture e
caratterizzate da svariati elementi in comune. Nella maggior parte delle
mitologie si ritrovano dei e semidei gemelli, dotati di poteri speciali. Presso
le civiltà più antiche, molti miti traggono la loro origine dal salvataggio
dell'astro solare da parte di gemelli celesti: già gli “Acvin”,
cocchieri fratelli della mitologia persiana, imcarnavano il Cielo e la Terra,
il Giorno e la Notte, la Stella del Mattino e quella della Sera. In Lombardia,
tracce di una leggenda celtica narrano che Medelhan
o Medhelanon, l'antica Milano, fosse
stata difesa con le armi da due gemelli che per il loro valore furono resi
immortali e tramutati in fiumi: l'Olona e il Lambro. Anche in Grecia i noti
Castore e Polluce, eroici gemelli del mito greco detti Dioscuri, soccorritori
d'uomini in difficoltà e della sorella Elena, personificazione solare, svelano
un pantheon pagano prefigurante la personalità di molti santi cristiani.
Fu così
che il cristianesimo, attraverso una grande pianificazione teologica e
dottrinale, convertì le antiche divinità guerriere astrali in atleti di Dio.
Musée du Louvre - Castore e Polluce (copie romane da orig. greco)
Tra
tutti i santi ispiratori, un ruolo di primo piano spetterebbe ai celebri
gemelli Cosma e Damiano: medici della Cilicia, martirizzati nel IV secolo, non
a caso mediante decapitazione, durante la persecuzione di Diocleziano e
ampiamente venerati anche nelle terre dei laghi lombardi.
Il
culto dei gemelli taumaturghi si sviluppò dapprima in Medio Oriente, presso
città-santuario già dedicate al culto del dio guaritore Asclepio. Proprio come
il suddetto nume della medicina vaticinó «se c'è da soccorrere un povero o uno
straniero darete cure gratuitamente, perché dove c'è l'amore degli uomini c'è
l'amore dell'arte» anche i due medici “anargiri”, dal greco “senza denaro”,
praticavano la professione senza chiedere compensi
Milano, iconostasi ortodossa in S. Maria a Podone: suggestioni del passato paleocristiano
Preservata
la memoria dei riti precristiani di “incubazione”, originariamente presieduti da divinità taumaturgiche come
Asclepio, Iside e da Castore e Polluce, presso la basilica dedicata a Cosma e
Damiano di Costantinopoli accorrevano centinaia di malati a passare la notte:
durante il sonno i santi gemelli sarebbero venuti a curarli.
La fama
dei due fratelli, divenuti ben presto patroni dei medici e invocati come
risanatori di ogni male, presto si irradiò
in Occidente: nel VI secolo erano così popolari che diversi templi di
Roma antica furono tramutati in santuari in loro onore.
In
parallelo, la Milano ambrosiana preserva una tradizione ugualmente antica (IV
sec.): quella relativa ai santi Gervasio e Protasio. Perduti i genitori, i due
gemelli vendettero i beni di famiglia per distribuirne il ricavato ai poveri e
si ritirarono in una capanna dove passarono dieci anni in preghiera e
meditazione. Denunciati sotto Diocleziano come cristiani dopo aver, rifiutato
di sacrificare agli dei, i due furono condannati a morte, rispettivamente
tramite flagellazione e ancora una volta, decapitazione.
Varese, S. Imerio di Bosto - Rappresentazione e resti del santo in un reliquario moderno
L'effetto-coppia inevitabilmente tendeva ad accentuare un'individualizzazione caratteriale, sia per i santi cristiani, sia per gli eroi pagani che apparivano in coppie. Spesso un gemello è un uomo di pensiero, l'altro d'azione; uno è costruttore, l'altro cacciatore. Castore fu pugile, Polluce domatore di cavalli; Gemolo un oratore, Imerio un soldato. Le rozze figure scolpite sul sarcofago di Bosto, raffiguranti il primo santo provvisto di tonsura, bastone crucifero e il secondo d'elmo e lancia confermerebbero definitivamente l'ipotesi qui proposta.
Varese, S. Imerio di Bosto - Sarcofago con immagini di Imerio e Gemolo
Testo e foto: Marco Corrias (alias Marc Pevèn)
AA.VV, La Chiesa di Sant’Imerio. Bosto, Varese, 2014
A.
Borrelli, Sant' Imerio di Bosto Pellegrino
e martire, 2002.
S.
Chierici, Italia Romanica, La Lombardia,
1978.
B.
Comolli, San Gemolo nella tradizione
millenaria, 1966.
A. Finocchi, Architettura romanica nel territorio di Varese, Milano1966.
M.
Frecchiami, Il culto di S. Imerio a Bosto,
1994.
M. T. Mazzilli, Architetture
medievali e strade. Itinerari nella Lombardia occidentale, 2009.
Veramente interessante! non conoscevo questo santo pur essendo una grande amante dell'agiografia...ma quello che mi attira di più è il richiamo alle origini e il rapporto con la mitologia classica...wonderful! Paola
RispondiEliminaPaola é un santo davvero poco noto...idem per Gemolo, é conosciuto solo tra Varese e Valganna (si trova poco più in alto, dove c'è la fabbrica della birra Splügen-Poretti ahah): come avrai visto, però, la loro storia si ripete puntualmente in altri tempi e luoghi ed é proprio ciò che mi intriga😉
EliminaEheheh....Anche a me sono venuti in mente i santi Cosma e Damiano! Sono i patroni del mio paese=) Grazie, è stata una lettura molto molto piacevole e interessante!
RispondiEliminaAzzurra
Azzurra tu che sei "autoctona" conoscevi la chiesetta? Non é nota, ma é molto carina.
EliminaBellissima ricerca, ben supportata dalle varie fonti documentarie. Soprattutto piacevole da leggere come condotti in una indagine investigativa...Bravo Marc Pevén!!!
RispondiEliminaMarina
Marina indagare é uno strumento di lettura importante no?😉
EliminaFondamentale.
EliminaMarina
Veramente è un piacere leggerti sei fonte inesauribile
RispondiEliminaBetty
Grazie Betty ho intenzione di non fermarmi più 😉
EliminaL arte un amore che non mi ha mai deluso e che malgrado l inesorabile avanzare degli anni conserva la freschezza la curiosità la bellezza ed è sempre appagante apprezzare i capolavori
RispondiEliminaBetty
Mi associo ai commenti precedenti senza riserve...proprio interessante
RispondiEliminaPaola M.
Ciao Paola grazie 👍
EliminaPaola P.
RispondiEliminaMolto bello e dettagliato. Complimenti. Mi è piaciuta molto anche la parte relativa all'etimologia
Paola come sai l'etimologia spesso parla al posto di documenti mancanti ;) E' importantissima e affascinante!
Eliminaun interessantissimo articolo, Marco. Grazie. Anche assai belle le architetture e gli inteni
RispondiEliminaLia
Ciao Lia grazie! Indipendentemente dalla zona geografica e i contenuti sono applicabili anche ad altri contesti italiani ed europei.
EliminaMolto interessante. Dove si trova la Madonna del Pilastrello? Lì passava una strada consolare romana?
RispondiEliminaLuisa
Ciao Luisa so già che stai pensando a qualche cippo o miliario romano :) E' il nome di un altare barocco dipinto da un pittore ignoto ad imitazione del Morazzone, ma il motivo non lo conosco, non si specificava...ora però devo scoprirlo
EliminaCiò che mi interessa è la intitolazione e la posizione. Monsignor Ambrogio Palestra, a suo tempo pubblicò un articolo, giungendo alla conclusione che laddove c'è il toponimo "pilastrello" (derivazione del miliario), lì passava una consolare romana.
EliminaLuisa
Interessantissimo. Non mi ero soffermato ma avevo dei sospetti sai?
Eliminamai sentito nominare ... grazie
RispondiEliminaCarmen Rita
Ciao allora meglio ;) Bosto è una frazione, anzi una castellanza di Varese di antichissime origini
Eliminasi si conosco .... non conoscevo sant'Imerio
EliminaPensa che da pochi anni vi producono perfino un olio d'oliva dedicato a lui...ma non posso garantire sulla qualità, mai provato ;)
EliminaAnche qui in Brianza è pieno di luoghi Sacri intestati a S.Cosma e Damiano ....come S.Gervasio e Protasio !! Grazie per le spiegazioni e le informazioni molto interessanti .
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