domenica 6 agosto 2017

San Salvatore a Pavia, ignoto mausoleo reale


Lasciata alle spalle la stazione ferroviaria, via della Riviera si snoda in direzione della periferia pavese, passando a lato di una chiesa che, per via dell'ubicazione defilata (il sagrato è adibito a posteggio per i residenti), e del suo aspetto scabro, ai più passa quasi inosservata.

Si tratta di San Salvatore (ex San Mauro): un grosso corpo di fabbrica incompiuto la cui facciata, rivestita in laterizi e con un grande oculo al centro, riassume stilemi di transizione tra cultura gotica e rinascimentale (1476-1511).


La storia dell'edificio è ben più antica della struttura attuale: nell'alto Medioevo il celebre storico Paolo Diacono vi aveva già la testimoniato la presenza di una chiesa-mausoleo di illustri re longobardi: Ariperto I (661), quivi seppellito con suo figlio Pertarito (692), il nipote Cuniperto (703) e Ariperto II (712): una vera e propria dinastia barbarica. La stessa via della Riviera, che oggi conduce alle autostrade, ai tempi costituiva un tratto della via Francigena.



Nel X secolo San Salvatore assunse una nuova importanza, dovuta all'impulso dell'imperatrice Adelaide di Borgogna: già moglie del re carolingio d'Italia Lotario I, poi dell'imperatore sassone Ottone I detto "il grande", nel 971 la sovrana fondò ex novo chiesa e monastero annesso, dotandoli di nuove donazioni ed esenzioni; la tutela del luogo sacro fu affidata alla congregazione dei benedettini di San Maiolo di Cluny. Le ceneri di Adelaide, divenuta santa, riposano ancora qui: la sua memoria è tramandata ai posteri grazie a un'iscrizione e a una tela barocca di Gatti (1693), poste in controfacciata.



Dopo aver perso gran parte del proprio potere, derivato dalla presenza dei re germanici in nord Italia, San Salvatore decadde fino alla definitiva riedificazione nelle sue forme attuali, ad opera della Congregazione di Santa Giustina da Padova.
Dal 1782 il monastero visse una nuova fase di decadenza, dovuta alle soppressioni asburgiche. La chiesa stessa fu sconsacrata, adibita a caserma militare nel 1860, riconsacrata nel 1901 e in quell'occasione dichiarata monumento nazionale.





L'interno della chiesa, a tre navate, presenta una raffinata decorazione classicheggiante databile gli inizi del XVI secolo; motivi a grottesche, fregi con angeli e tondi e ritratti di monaci nella trabeazione, clipei con profeti negli spicchi absidali e dottori della Chiesa nelle lunette: insieme alla spazialità interna dell'edificio gli affreschi costituiscono elementi di modernità rinascimentale, all'interno di un monumento che per altri aspetti rimane improntato al gusto tardo gotico.




La prima cappella a sinistra risalta in tutta la sua bellezza: gli affreschi giovanili del pittore Bernardino Lanzani vi narrano in maniera briosa episodi di vita di San Maiolo di Cluny: dalla sua opposizione ai saraceni lungo i passi alpini, alla riconciliazione di Adelaide di Borgogna con il figlio Ottone II fino al salvataggio di un gruppo di navigatori dai flutti del fiume Rodano, presso Avignone.

Nella quarta cappella a sinistra, altri brani affrescati dalla prolifica bottega del Lanzani descrivono scene tratte dalla vita di Sant'Antonio Abate: ad episodi di vita contemplativa si sovrappone il confronto finale con il peccato, incarnato dal diavolo in persona.

In fondo alla chiesa, sul lato destro dell'altare maggiore si conserva un'altra cappella: spazio appartato, ancora dominato da volumetrie gotiche, che custodisce altri notevoli affreschi del Lanzani, più tardi, dedicati a Martino di Tours: il celebre santo, collega di Ambrogio di Milano, tradizionalmente effigiato nell'atto di donare il suo mantello a un povero, trascorse gli anni della sua giovinezza proprio nei pressi di Pavia.





Il ciclo di affreschi dedicati alla vita di San Benedetto, posti nella cappella a sinistra dell'altare maggiore, è invece andato parzialmente perduto a causa dello scarso interesse da parte della Sovrintendenza ai Beni Culturali: i danni, causati da infiltrazioni d'acqua, erano già stati segnalati invano tra il 2003 e il 2008, con una serie di seminari didattici organizzati presso il collegio Ghislieri. Attualmente anche i chiostri rinascimentali del monastero, sono lasciati all'incuria.

Bernardino Lanzani, protagonista della stagione pittorica del Rinascimento pavese, era nativo di San Colombano al Lambro; apprese il mestiere quasi certamente presso la bottega del grande Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, che proprio in quegli anni operava per conto della corte Sforzesca. Autore di numerosi quadri e affreschi lungo la strada tra Pavia e Bobbio, il Lanzani ottenne numerose commissioni, in particolare da parte dei benedettini di Bobbio, che non a caso gestivano anche il celebre monastero pavese di San Pietro in Ciel D'oro, oltre alla stessa chiesa di San Salvatore: non si trattò di un pittore maggiore, bensì di uno fra tanti abili artisti lombardi che si impratichirono imparando benissimo il proprio mestiere. Celebre è la sua veduta di Pavia a volo d'uccello, affrescata in San Teodoro nel 1524.

Testo e foto: Marco Corrias