Il borgo lombardo di San
Colombano al Lambro è un nucleo abitato da 7000 "banini", adagiato ai
piedi di un colle di origine subappenninica. Lontano 20 km dal resto della Provincia,
è un raro caso di exclave milanese stretta fra le province di Pavia e Lodi.
La località fu menzionata per la
prima volta in una serie di atti imperiali di età sassone (X secolo), col nome
di "Brioni" e "Mombrione". Si dovette attendere il testamento del potente arcivescovo brianzolo
Ariberto d'Intimiano (1034) affinché il paese ereditasse il toponimo di San
Colombano, il combattivo monaco che, partito dall'Irlanda agli inizi del VII
secolo per cristianizzare il continente, dopo un lungo viaggio attraverso
Francia e Svizzera giunse in Italia giusto in tempo per lasciare ai posteri il
prestigioso monastero piacentino di Bobbio.
Il borgo si raccoglie attorno
alla rocca, sorta sulle fondamenta di un castelliere longobardo. Terra contesa tra i Lodigiani, entro i cui
confini territoriali andava trovandosi, e i Milanesi, legittimati in virtù di
una vecchia donazione imperiale, San Colombano fu ben presto sottratta al
dominio di questi ultimi da Federico Barbarossa (1164). Con l'aiuto dei fedeli
alleati Pavesi, la distrusse e la ricostruì per poi restituirla ai Lodigiani:
non bisogna scordare la fitta trama di alleanze politiche e regalie elargite
dal Barbarossa ai Comuni minori, da tempo allarmati dalla politica
espansionistica della più grande e popolosa città lombarda.
L'impostazione del grandioso
centro storico, di scala urbanistica, si deve allo stesso Federico: il tedesco,
riconoscendo la posizione strategica del castello, abbarbicato su un colle a
guardia del Po e del Lambro, lo ristrutturò cingendolo con una cittadella
riordinata secondo un impianto urbanistico ispirato allo schema romano del
cardo e del decumano. A sud fu edificato
un fortilizio di forma quadrilatera: la cosiddetta Civitas Imperialis o borgo
abitato. A nord sorse invece un secondo recinto: il "ricetto"
turrito, separato e allo stesso tempo comunicante con il borgo mediante fossato
e ponte levatoio. Conteneva il palazzo, dapprima imperiale e poi visconteo,
oltre alla torre castellana: un sistema complesso di fortificazioni che, collegandosi
a un'ultima rocca interna di pianta trapezoidale (mastio), in caso d'emergenza
consentiva ai difensori di fuggire in aperta campagna.
Con la nota disfatta che il Barbarossa subì presso Legnano (1176)
contro i comuni della Lega Lombarda, la pace di Costanza (1183) e i patti tra
Lodi e Milano (1198) la piazzaforte tornò nuovamente a far parte dello
scacchiere ambrosiano.
In seguito all'ennesima
scaramuccia con i Lodigiani per il controllo dei commerci fluviali, nel 1299 i
Visconti occuparono il territorio. Nel 1353 Francesco Petrarca accettò
l'ospitalità dell'arcivescovo Giovanni Visconti, elogiando le bellezze di
quella terra che gli faceva tornare in mente la sua Valchiusa. I nuovi e
potenti duchi di Milano infeudarono il borgo dapprima ai Landriani, poi agli
Scotti di Piacenza, riprendendone possesso solo nel 1375, quando Bianca di
Savoia lo ricevette in dono dal figlio Gian Galeazzo Visconti.
Ben presto Niccolino dè Diversi, tesoriere del "Conte di
Virtù", acquistò la rocca a suon di fiorini. Il fortilizio di San
Colombano, durante tutto il periodo visconteo, durato circa un secolo, costituì
uno dei maggiori punti di forza dello scacchiere visconteo meridionale;
ciononostante il suo attuale aspetto coinvolge la castellologia viscontea in
maniera marginale: solo in rari casi è possibile dedurre quali parti furono
erette dal celebre casato. Sopravvivono per certo la torre d'ingresso e quella
ovest, detta "castellana" (XV secolo), mentre una parte estesa del
perimetro murario risale ancora ai tempi della ricostruzione tedesca del 1164.
Dopo l'effimera parentesi Sforzesca, alla metà del '500 i certosini
trasformarono l'assetto bellico del castello, smantellando parte della cortina
e interrando i fossati. Nel 1782 il feudo fu concesso al nobile Ludovico di
Belgioioso. Attualmente la cinta muraria custodisce anche un parco con villa,
un tempo proprietà della famiglia.
Nell'ultimo decennio, al fine di
preservare il territorio, è stato istituito il Parco della Collina di San
Colombano: visitarlo è assai suggestivo per la bellezza dei vigneti che
producono il pregevole San Colombano DOC, l'unico vino di Milano. Proprio la
tradizione vuole che San Colombano, di passaggio, convertendo i
"banini" al Cristianesimo, insegnasse loro la coltura della vite. In
realtà il ritrovamento di anfore vinarie, conservate nel locale Museo
Paleontologico, dimostra che già in epoca romana la vite veniva coltivata sui
questi colli.
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