Perennemente affezionato alla sua divisa d'ordinanza rossa bordata di pelliccia bianca, Babbo Natale, o Santa Claus, come lo chiamano gli anglosassoni, ogni notte della vigilia di Natale ha l'abitudine tutta particolare d’involarsi su di una fantasmagorica slitta trainata da renne volanti, allo scopo di distribuire doni ai bambini di tutto il mondo. Perlomeno, questo è quanto i grandi hanno voluto farci credere per anni.
Oh, caro eccentrico babbo, o
meglio, nonno magico della nostra infanzia, sempre pronto a violare l’altrui
proprietà privata senza mai rimetterci la pelle! Affermare che quella
creatura, generata per certo da un altro mondo, possedesse qualcosa
di miracoloso, era dir poco: dopo aver depositato con cura i doni più
o meno candidamente richiesti dai piccoli nella fatidica letterina
indirizzata al Polo Nord…o alla Lapponia…o alla Groenlandia…se
ne spariva nel nulla, come qualunque altro famoso eroe mascherato o del
fantasy che si rispetti. Insomma, pur non avendo mai per davvero
afferrato quale fosse il vero recapito del Vecchio in Rosso, dopo
insonni veglie notturne i doni sotto il nostro albero di casa o
vicino al presepe puntualmente arrivavano. Questi strani eventi ci
hanno da sempre emozionati, elettrizzati e talvolta anche
insospettiti: soprattutto in Italia dove il presepe, molto diffuso,
già di suo ha sempre fatto a pugni in muta e ambigua concorrenza con
l’albero, le nostre piccole menti si chiedevano legittimamente: “ma
alla fine chi porta i regali, Babbo Natale o Gesù Bambino?”
Alcuni di noi hanno
perfino ipotizzato che il caro nonno di tutti, ancora gagliardo e
fornito di tali e tanti poteri magici, a ragion di logica apparisse
più credibile a compiere la grande impresa, piuttosto che un neonato
in fasce. Per contro, la capacità di entrare perfino nelle
abitazioni cittadine, anche quelle prive di camino, e di eludere
serrature e antifurti (col rischio latente di lasciarci perfino il
carbone al
posto dei doni), mostrava in lui quel lato furfantesco, quasi
inquietante del "trickster": spiritello burlone e irrequieto delle
favole inglesi. Questo primo indizio soprannaturale accomuna la natura
dello spirito buono del Natale con quella, opposta, suo temuto
alter-ego: il crudele “Zwarte Piet”, ossia ”l'uomo nero”, che andava a trovare i bambini
cattivi nel sonno per rapirli.
Ma la magia delle favole,
si sa, proprio come i miracoli della Fede, è spesso nata per non
generare troppi quesiti: e quale magia per un bambino è più grande
e potente di quella natalizia? Eppure, lasciar correre così, facendo
finta di nulla, non è propriamente cosa facile!
Ancora in età moderna, il misterioso "kerstman", ossia l'uomo dei doni del folklore popolare germanico, non si era del tutto cristianizzato: in nord Europa, soprattutto nei Paesi Bassi, questa sorta di antenato di Babbo Natale si spostava ancora a cavallo, come un guerriero, per riempire di doni e dolciumi gli stivali dei bambini in cambio di carote, paglia o zucchero destinati al destriero Sleipnir, ossia la cavalcatura di Odino. Bella gatta da pelare per i protestanti!
Basti pensare che già ai primi del Seicento, al termine della guerra civile inglese, Oliver Cromwell, religiosissimo condottiero e primo ministro d’Inghilterra, osò addirittura mettere il caro vecchio al bando! E Roma, nel frattempo, che ne pensava?
Le dubbie origini, la presunta immortalità e il possesso di renne volanti (animali notturni e funerari della mitologia baltica) sono tutte capacità che, presumendo il ricorso alla magia, hanno da sempre generato un grandissimo disagio anche tra gli esponenti della Chiesa. Ed ecco affiorare il lato oscuro di Santa Claus…un vagabondo in odore di eresia e stregoneria: un pagano!
Ancora in età moderna, il misterioso "kerstman", ossia l'uomo dei doni del folklore popolare germanico, non si era del tutto cristianizzato: in nord Europa, soprattutto nei Paesi Bassi, questa sorta di antenato di Babbo Natale si spostava ancora a cavallo, come un guerriero, per riempire di doni e dolciumi gli stivali dei bambini in cambio di carote, paglia o zucchero destinati al destriero Sleipnir, ossia la cavalcatura di Odino. Bella gatta da pelare per i protestanti!
Basti pensare che già ai primi del Seicento, al termine della guerra civile inglese, Oliver Cromwell, religiosissimo condottiero e primo ministro d’Inghilterra, osò addirittura mettere il caro vecchio al bando! E Roma, nel frattempo, che ne pensava?
Le dubbie origini, la presunta immortalità e il possesso di renne volanti (animali notturni e funerari della mitologia baltica) sono tutte capacità che, presumendo il ricorso alla magia, hanno da sempre generato un grandissimo disagio anche tra gli esponenti della Chiesa. Ed ecco affiorare il lato oscuro di Santa Claus…un vagabondo in odore di eresia e stregoneria: un pagano!
La questione andava
ricomposta al più presto: fu così che, nel tentativo di "esorcizzare" questa incontrollabile
tradizione fin dalle radici, la Chiesa si spinse molto, forse anche troppo in là.
Alle antiche origini pagane di Babbo Natale fu sovrapposta
alla bell’e meglio la figura di san Nicola, vescovo di Myra,
città dell'attuale Turchia ma un tempo parte del cristianissimo
impero bizantino: il sant’uomo, che avrebbe sottratto a un oste
assassino i cadaveri di cinque fanciulli per poi farli risorgere, è
reputato dagli agiografi protettore dei bambini. Giusto per
alimentare il dubbio, san Nicola non solo divenne prima un santo
barese (per via del noto furto di reliquie operato nel 1000 a fini
politici), ma talvolta fu addirittura sostituito da altri uomini di
Fede: san Basilio Magno in Grecia, San Martino di Tours in Belgio: ma
che confusione!
Anche i Protestanti
anglosassoni, per una volta d’accordo all’unanimità con i
Cattolici, decisero di "battezzare" il pericoloso
“outsider” con il nome di Santa Claus: per l’appunto, San
Nicola. Ma un "ego te absolvo" e via non era sufficiente a spazzar via
le reminiscenze di uno degli dei più importanti del passato remoto.
La vicenda, ancora una
volta, puzzava d’inganno. Il confronto tra l'uomo rubizzo che
tutti noi conosciamo, giunto fin qui dalle gelide terre del Nord con
tanto di renne, è assimilabile a stento con l'immagine di un santo
cristiano del Medio Oriente, dedito alla scolastica, alla
teologia e alla lotta ai primi eretici. E poi, san Nicola viveva in
un clima, quello della Turchia del sud, tra i più mediterranei
possibili: il solo fatto che in Russia e nei paesi Baltici Babbo Natale
sia ancora ricordato col soprannome chiaro e inconfondibile di "Nonno
Gelo" (Died Maròs), sempre accompagnato dalla sua
assistente “Sniegurochka”, fata delle nevi, non lascerebbe
alcun dubbio circa le vere origini del mito, e l'immenso intrigo internazionale che hanno voluto celare!
Ricomposta la questione
con l’omertoso benestare di tutti, oggi il dilemma circa le
tradizioni legate a Babbo Natale restano insondabili, proprio come la
neve che un tempo il 24 notte cadeva silenziosa e furtiva. Resta da anni la
domanda apparentemente più ingenua: “chi é quell'uomo e come fa a fare quello che fa?
Ma soprattutto, perché lo fa?”
Cartolina di Santa Claus del 1907
Sostenere che avrebbe operato per mano del Dio dei cristiani é inaccettabile.
La figura popolare dell'uomo di Natale come lo conosciamo oggi fu dapprima delineata dalla penna di Charles Dickens in "Canto di Natale" (quanti di noi ricordano ancora l'inquieta prima apparizione dell'uomo barbuto e vestito di verde, conosciuto come "Spirito del Natale presente?). Proprio a partire da questa citazione letteraria, rispolverata e riadattata "ad hoc", l'attitudine al consumismo sfrenato indotta a partire dal XX secolo ha attutito il dilemma di fondo: le più esasperanti strumentalizzazioni pubblicitarie e consumistiche operate dal mondo commerciale, in primis statunitense, hanno sepolto il mistero sotto un cumulo di neve fresca. Ai signori della Coca Cola l’aspetto demodé del vecchio Babbo, vestito di verde come un gigante buono o un "green Man" di quelli scolpiti sulle chiese medievali, non andava proprio a genio: il cambio di palandrana da verde a rossa sarebbe stato operato proprio dalla grande azienda, agli inizi degli anni ’30, in concomitanza con il boom di vendite della nota bibita. Ad oggi il cerchio parrebbe essersi chiuso una volta per tutte, e invece…
La figura popolare dell'uomo di Natale come lo conosciamo oggi fu dapprima delineata dalla penna di Charles Dickens in "Canto di Natale" (quanti di noi ricordano ancora l'inquieta prima apparizione dell'uomo barbuto e vestito di verde, conosciuto come "Spirito del Natale presente?). Proprio a partire da questa citazione letteraria, rispolverata e riadattata "ad hoc", l'attitudine al consumismo sfrenato indotta a partire dal XX secolo ha attutito il dilemma di fondo: le più esasperanti strumentalizzazioni pubblicitarie e consumistiche operate dal mondo commerciale, in primis statunitense, hanno sepolto il mistero sotto un cumulo di neve fresca. Ai signori della Coca Cola l’aspetto demodé del vecchio Babbo, vestito di verde come un gigante buono o un "green Man" di quelli scolpiti sulle chiese medievali, non andava proprio a genio: il cambio di palandrana da verde a rossa sarebbe stato operato proprio dalla grande azienda, agli inizi degli anni ’30, in concomitanza con il boom di vendite della nota bibita. Ad oggi il cerchio parrebbe essersi chiuso una volta per tutte, e invece…
Tutti questi dilemmi,
questi ricordi indotti nelle nostre fragili menti infantili, sono destinati a crollare come un vecchio diorama alla
Truman show, sotto il peso di una verità ben poco nota, ma più
inquietante. La risposta, di certo, non la troveremo tra i santi
d’Oriente ma a nord, che, guarda caso, è proprio la patria del
nostro caro Babbo.
Procediamo per gradi, a
ritroso, recandoci in primis nelle terre di confine tra i popoli,
dove il sincretismo religioso e culturale ha regnato per secoli senza
troppi strappi: le Alpi. Qui una tradizione del folklore germanico
narra le vicende epiche di uomo, un guerriero, puntualmente tramutato anche
in questo caso nell'onnipresente san Nicola, che armato di sola Fede avrebbe fermato orchi e demoni: personificazioni del gelo massacrante
d’alta quota, della carestia incombente e delle imboscate dei
briganti, nel folklore del nord-est italiano e in Austria questi
mostri hanno preso il nome di Krampus.
Ed ecco palesarsi, tra
le brume dell'inconscio, i confini con le lande teutoniche.
Spostandoci ancora più a nord e più indietro nel tempo, ossia alle
origini del mito, scopriamo che presso i popoli germanici e
anglosassoni il dio Odino (“Wotan”),
accompagnato dagli altri dei e dagli spiriti dei guerrieri caduti,
ogni anno organizzava una grande battuta di caccia proprio nel periodo
coincidente col solstizio invernale (“Yule”). Ed ecco
tutti i nodi venire al pettine: sotto il cappotto rosso dell'uomo
rubizzo, inopportunamente cristianizzato e umiliato come un
clownesco rivenditore di bevande gassate made in U.S.A, si cela la scomoda e
ancestrale immagine di un nume germanico crudele e spietato, ma
all'occorrenza anche giusto e generoso.
ODINO, WOTAN.
Il signore della battaglia, colui che prima di tutti portò lancia ed elmo, era un guerriero barbuto e cieco da un occhio, che celava la sua menomazione sotto un cappellaccio a tesa larga; versione selvaggia del più benevolo santa Claus e del più recente Gandalf il Grigio, Odino era un “wölkervanderer”: un viandante dei popoli, onnipresente e omnisciente. Dall'alto del suo alto trono montano (“Hliðskjálf”) egli spiava gli eventi dei pianeti sottostanti ben prima del Sauron di Tolkien, inviando nel vento i suoi messaggeri alati: i corvi Huginn e Muninn, ossia “Pensiero” e “Memoria.”
Il signore della battaglia, colui che prima di tutti portò lancia ed elmo, era un guerriero barbuto e cieco da un occhio, che celava la sua menomazione sotto un cappellaccio a tesa larga; versione selvaggia del più benevolo santa Claus e del più recente Gandalf il Grigio, Odino era un “wölkervanderer”: un viandante dei popoli, onnipresente e omnisciente. Dall'alto del suo alto trono montano (“Hliðskjálf”) egli spiava gli eventi dei pianeti sottostanti ben prima del Sauron di Tolkien, inviando nel vento i suoi messaggeri alati: i corvi Huginn e Muninn, ossia “Pensiero” e “Memoria.”
La personalità del
signore di Asgard, dio dell'Olimpo del Nord, cinico, freddo e dalla
mente tortuosa, era assai complessa. Sangue di gigante scorreva nelle
vene del “Padre di Tutto”: dio minaccioso e spietato, provava
piacere nello scatenare lotte fratricide. Casco d’oro sul capo,
compariva dal nulla dinnanzi alle schiere, guidato dal
mero capriccio di sorteggiare a caso tra i morti e i sopravvissuti. Prima di
subire il processo da parte del cristianesimo, Wotan disponeva
dell’aiuto delle bellissime valchirie, che sceglievano i guerrieri
caduti con onore in battaglia, per portarli nella “Sala d’Oro”:
qui si passava il tempo a dare di scherma, bere e sollazzarsi in
attesa del “Ragnarok”: la battaglia finale contro le forze
oscure e soprannaturali. La dolce compagnia femminile di Odino, lungo
l’inevitabile processo di demonizzazione, sarebbe stata via via
sostituita da quella meno allegra di lupi e folletti: gli antenati
degli aiutanti di Babbo Natale.
Per giungere a tali
traguardi, il nume dovette superare numerose e terribili imprese:
molto prima di san Nicola e i Krampus, Odino sfidò orchi nelle
profondità della foresta e spaccò i loro crani, abbatté le
fortezze dei giganti, li sfidò in astuzia e ne rapì le figlie con l'aiuto della lancia Gungnir, dell’anello dell’invisibilità
Draupnir e dell’inseparabile cavallo Sleipnir. Tra le molte imprese
del dio vanno annoverate la guerra fratricida tra gli dei Asi e Vani,
il furto dell’idromele della poesia sotto il naso di Suttungr e
delle mele d’oro di Idun e la gara d’indovinelli vinta contro
Gagnrad: in queste imprese il dio uccise molti avversari, tutti
giganti, e sedusse le loro figlie.
Ma il "nonno di
Santa Claus” cosa donava agli uomini? Forza, coraggio, prontezza
di riflessi, capacità poetiche in rima, virilità e vis procreatrice
di clan numerosi; virtù innate, allora più importanti dei comuni
giocattoli di oggi, in grado i assicurare la sopravvivenza: non per
nulla, nel mondo germanico i bambini iniziavano a esercitarsi con
spada e scudo fin dalla più tenera età.
La grande prova iniziatica della
conoscenza e del coraggio vide il dio appeso per nove giorni e nove
notti con la sua stessa lancia infilata nell'occhio, a sua volta
conficcata nel tronco dell’Yggdrasill, o albero cosmico. Fu così
che, proprio come Prometeo, il Padre di Tutto apprese i misteri più
antichi e insondabili della terra e in parte li tramandò agli uomini. Egli non solo conosceva i misteri dei Nove
Mondi, ma anche il destino dei mortali e il fato stesso
dell'universo.
"Io so che ad un
albero al vento pendetti,
per nove notti intere,
ferito da una lancia
ed immolato da Odino,
io stesso a me stesso,
su quell'albero che
nessuno sa
da quali radici nasca".
Il più grande degli
alberi, Yggrasill per i Vichinghi e Irminsul per i Sassoni,
estendendo i suoi rami ai confini del cielo garantiva la coesione
verticale del mondo; ma anche tutti gli altri alberi, fin dai
primordi, fungevano da sacri pilastri che, reggendo il cielo, univano
in sposalizio la dea della Terra e quello del Sole e degli astri. Per
i celti e i Romani l’albero eletto era la quercia, per i vichinghi
il frassino; ma le conifere, onnipresenti nei riti i tutto il
mondo nordico come alberi che scaldano e proteggono, più di ogni
altra essenza arborea hanno contribuito alla nascita dell'albero di
Natale.
Odino era protettore di eroi leggendari, che a
sua volta assumevano i suoi tipici tratti. Legati al suo culto
bellicoso erano i clan di guerrieri sciamanici, gli úlfheðnar e i
berserk, (orsi o lupi mannari, vestiti di cappotti di pelo) i
quali, prima della battaglia, entravano in uno stato di furia nel
quale cominciavano a ringhiare e a mordere i propri scudi.
I barbari dedicavano a
Odino sacrifici di sangue: eppure il dio, nell’ottica del tempo,
non era malvagio.
Presso popoli avvezzi
a una vita dura, che da tradizione non facevano differenza tra il
bene e il male, Odino era ispiratore di passioni a 360 gradi:
il suo culto ispirava violenza, guerra e vendetta, ma anche poesia e
sapienza.
Vienna – albero
natalizio in Skt. Stefanplatz (Foto dell’autore)
Tra i misfatti e le
bizzarrie bestiali commesse dai guerrieri di Odino vi fu
Harald il Volsungo, re di Danimarca: Odino gli concesse la vittoria
rendendo il suo corpo invulnerabile all'acciaio in cambio delle
anime delle vittime che sarebbero morte sotto i suoi fendenti e gli
insegnò la tattica militare dello schieramento a cuneo. In seguito a
uno scontro fratricida, dopo aver scoperto che le armate svedesi del
terribile Starkad avevano assunto la medesima tattica per via del
tradimento del dio, Harald fu colpito a morte da Odino stesso
travestito da suo auriga. Dopo la morte dell'eroe, suo figlio Hadding fu
mandato in Svezia e cresciuto dai giganti in attesa di vendicare suo
padre: qui ebbe rapporti carnali con la sua madre adottiva, una
temibile gigantessa esperta di magia ed erbe. I consigli suoi e quelli di Odino,
come l’abilità nello spezzare le catene e la forza mostruosa
acquisita tramite lo sbranamento di un leone, portarono Harald
a realizzare la sua vendetta finale. Spesso i favori concessi da Wotan
erano tragicamente legati a tabù e
maledizioni, come l’impiccagione, il sacrificio umano,
l’impalamento, la messa al rogo o addirittura
l’annegamento in una grande tinozza di birra. Ma la fine più
onorevole era la morte in battaglia: vero e proprio lasciapassare per
il Valhalla, l’Olimpo degli dei nordici.
Il più truculento e
fedele eroe odinico, e anche il più somigliante al nume, fu
Starkad: ennesimo figlio di giganti e inizialmente dotato di
otto braccia, Starkad commise molti crimini come l’uccisione del
suo capoclan, Vikar, tramite il macabro rituale detto “aquila di
sangue”: vera e propria cerimonia consistente nella frattura violenta
e apertura delle costole dalla colonna vertebrale della
vittima, al fine di estrarre i polmoni per appoggiarli infine sulle
spalle, nel gesto di un paio di ali di rapace ripiegate. Dopo una
vita “borderline”, alla fine dei suoi anni l’eroe semi-mitico,
diventato ormai raggrinzito e barbuto si presentò alla ricca
magione del suo vecchio compagno di guerra Ingell: lo ritrovò
circondato da ruffiani e nemici del passato, rammollito e sbevazzante
alla sua ricca tavolata reale. Dopo aver seminato discordia, Starkad
lo incitò ad afferrare la spada come in passato: da
quel banchetto, a parte Starkad, non ne uscì vivo nessuno.
Molto più tardi il guerriero sarebbe caduto in battaglia contro
l’eroe danese Helgi, ma il suo corpo continuò a combattere anche
quando la sua testa fu mozzata….
Nessuno di questo è
altri misfatti, come prima accennato, è mai descritto come un
crimine, ma solo come un dato di fatto e una necessità di libertà
ferina e sfrenata. Nel frattempo Odino resta a vedere il coraggio dei
suoi combattenti, senza prenderne mai parte.
Copenhagen, Valchiria a Cavallo, dettaglio (Foto dell’autore)
“Io ho incitato i
principi
E mai ho fatto pace.
Solo Odino promuove
ogni male;
egli provocò
inimicizia tra i parenti”.
Potremmo chiederci il
perché di tutta questa immotivata violenza. La risposta é alquanto semplice: Odino/Wotan era un dio
“creato” per la sopravvivenza, e un messaggero del Fato: in un
mondo selvaggio un destino favorevole, se accolto con
leggerezza, può facilmente tramutarsi in una sorte avversa e
terribile. Per questo il dio è sempre lì, pronto a minacciare i
guerrieri e i re che troppo hanno bramato, per punirli puntualmente.
“Lo stesso Starkad fu
poeta”, diceva un islandese, e “i suoi versi sono i più antichi
che si conoscano.” Versi che cantano la saga degli uomini e delle
loro vicissitudini. Ogni mortale che abbia scoperto i segreti di Odino
potrà essere un saggio guerriero e uno sciamano: viaggiatore in cerca di verità
altrimenti nascoste dalle rune insondabili. Perché Wotan, nonostante tutto,
resta lo Spirito divino e istintivo insito della Natura, che tutto
penetra e tutto conquista.
Buon Natale a tutti.
Buon Natale a tutti.
Marco Corrìas alias Marc Pevén
Bibliografia:
Agrati, Gabriella,
e Magini, Maria Letizia, Vichinghi, miti e saghe,
Mondadori, Milano, 1990.
Eliade, Mircea, Lo
sciamanismo e le tecniche dell’estasi, ed. Mediterranee, Roma,
2005.
Di Nola, Alfonso
Maria, James Frazer, Il ramo d’oro, Studio sulla magia e
sulla religione, Newton Compton, Ariccia (Roma), 2014.
Lecouteux, Claude,
Dizionario della mitologia germanica, Argo, Lecce, 2007.
Murdoch,
Brian,
e Read,
Malcolm,
Early germanic literature and culture,
Camden House, Woodbridge, Suffolk, 2004
Turville-Petre,
Religione e miti del Nord, Il Saggiatore, Milano, 1964
1- M. Presnyakov. Odino.
2008. (Wikipedia, Odino)
https://it.wikipedia.org/wiki/Odino#/media/File:%D0%9E%D0%B4%D0%B8%D0%BD.2008%D0%B3.%D1%81%D0%BC%D0%B5%D1%88.%D1%82%D0%B5%D1%85%D0%BD.20,5%D1%8529.jpg
2- Vetrina viennese:
Babbo Natale ubriaco e dormiente (Foto dell’autore)
3- Odino il Viandante, Georg von Rosen 1886
https://it.wikipedia.org/wiki/Odino#/media /File:Georg_von_Rosen__Oden_som_vandringsman,_1886_%28Odin,_the_Wanderer%29.jpg
4- Icona russa di San Nicola (Wikipedia)
3- Odino il Viandante, Georg von Rosen 1886
https://it.wikipedia.org/wiki/Odino#/media /File:Georg_von_Rosen__Oden_som_vandringsman,_1886_%28Odin,_the_Wanderer%29.jpg
4- Icona russa di San Nicola (Wikipedia)
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Nicola_di_Bari#/media/File:Nikola_from_1294.jpg
5- Cartolina di Santa
Claus del 1907 (Wikipedia)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chrisrmas_postcard_1907.jpg
7- Esibizione di Krampus a Tarvisio centrale. Ringraziamenti alla Dott.ssa S. Radoani, (copyright 2015)
7- Hannover (Germania),
Monumento a Odino/Wotan con i suoi corvi e lupi (Foto dell’autore)
8- Vienna – albero
natalizio in Skt. Stefanplatz (Foto dell’autore)
9- Copenhagen –
Copenhagen, Valchiria a Cavallo, dettaglio (Foto dell’autore)
10- Krampus con bambini a Tarvisio centrale. Ringraziamenti alla Dott.ssa S. Radoani, (copyright 2015)
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