Una donna velata si aggira presso la rocca di Imola: forse lo spettro inquieto di Caterina?
La Rocca Sforzesca di Imola,
splendido esempio di fortificazione in stile lombardo voluta tra Medioevo e
Rinascimento dai signori di Milano, tra le sue antiche mura ospiterebbe
presenze inquiete.
Una donna velata si aggira presso la rocca di Imola: forse lo spettro inquieto di Caterina
Attraversiamo il ponte levatoio fortificato e il portale d'ingresso, voltato a sesto acuto, per immetterci nella grande piazza d'arme e nelle segrete dell'imponente mastio; visitiamo le formidabili torri cilindriche i cui tetti sono sorretti da selve di travi lignee incrociate; accediamo al cammino di ronda. Da qui, come in un moderno gioco di strategia virtuale, la vista spazia dal fossato sottostante alla città, soffermandosi sull'orizzonte dei colli limitrofi.
Una donna velata si aggira presso la rocca di Imola: forse lo spettro inquieto di Caterina
Attraversiamo il ponte levatoio fortificato e il portale d'ingresso, voltato a sesto acuto, per immetterci nella grande piazza d'arme e nelle segrete dell'imponente mastio; visitiamo le formidabili torri cilindriche i cui tetti sono sorretti da selve di travi lignee incrociate; accediamo al cammino di ronda. Da qui, come in un moderno gioco di strategia virtuale, la vista spazia dal fossato sottostante alla città, soffermandosi sull'orizzonte dei colli limitrofi.
La struttura complessa del
castello porta con sé reminiscenze del genio di Leonardo da Vinci che, si dice,
fosse giunto fin qui dalla corte di Ludovico il Moro per rendere la fortezza
inespugnabile: lo stile, la pendenza dei muraglioni e la pianta complessa del
fortilizio danno adito a numerosi interrogativi architettonici. Eppure non solo
ciò riguarda lo stile, al castello di Imola, trasuda mistero: da quando se ne
ha memoria, riferimenti al mondo del paranormale tra quelle mura non sono mai mancati.
Le grondaie gorgogliano, i
piccioni tubano; passi sincopati, scricchiolii di cassapanche trascinate da una
stanza invisibile all'altra...
Rocca di Imola, Sala delle armature
Con la complicità del riverbero
vespertino, ombre guizzanti prendono forma sulle mura aranciate: qualcuno,
qualcosa che non ha mai abbandonato la grande fortezza, respira ancora sotto
quei mattoni vetusti.
La rocca sarebbe dimora di
un'anima inquieta: una presenza infelice, combattiva e sensibile, che non è mai riuscita ad accettare il suo ingiusto destino.
Seguitemi: forse, un balzo a
ritroso nel tempo potrebbe svelare l'arcano spettrale.
Il duca Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Marliani, genitori di Caterina (A. del Pollaiolo, Firenze e Berlino)
Milano, 1463. In un giorno
imprecisato, in una stagione sconosciuta, a Milano nasce una bambina speciale.
Caterina, così si chiama, è figlia della bella Lucrezia Landriani, moglie di un
dignitario di corte e del duca Galeazzo Maria Sforza. Progenie illegittima,
frutto di una scappatella: presso i signori del tempo è normale anzi,
un'abitudine. Il duca, carattere ombroso e bizzarro, più interessato agli
svaghi cortesi, alle battute di caccia e nuovi amori che al governo del ricco
ducato ereditato dal padre Francesco, verso la piccola mostra una tenerezza
inconsueta: alla stregua dei figli legittimi, presto anche Caterina è affidata
alle cure della moglie di Galeazzo Maria, Bona di Savoia, tra le mura del
castello Sforzesco di Milano.
Alla corte ambrosiana,
frequentata da letterati e artisti, si respira un clima di grande apertura
culturale: qui Caterina e i suoi fratellastri, secondo l'usanza del tempo,
ricevono un'istruzione di stampo umanistico, basata sull'apprendimento del
latino e la lettura dei classici. La famiglia ducale é solita risiedere a
Milano ma anche a Pavia, oltre che a Galliate, Cusago e Vigevano: luoghi di
delizie dove Galeazzo Maria si dedica all'arte venatoria e la stessa Caterina
impara a cacciare e a cavalcare.
Milano, castello Sforzesco
Presto la consapevolezza, più spiccata di
quella paterna, di appartenere ad una stirpe di gloriosi guerrieri, maturerà
nella giovane un'inconsueta predisposizione al comando, al governo e perfino
all'uso delle armi. Tutta questa grinta varrà a Caterina il soprannome di "tygre" di Forlì.
Al fine di consolidare il potere
sui feudi romagnoli, nel 1473 il Galeazzo Maria offre in sposa la sua
figliastra al nobile Girolamo Riario, signore di Imola legato ai della Rovere e
parente di papa Sisto IV.
Caterina ha appena 10 anni,
Girolamo 33.
Nel corso di una congiura ordita
dalla piccola nobiltà vessata dai suoi capricci, il 26 dicembre 1476 il duca di
Milano viene pugnalato a morte sulla soglia della basilica di santo Stefano. Il
tempo di lasciare Milano è infine giunto; l'anno seguente, la fanciullina entra
a Imola con tutti gli onori dovutile: ha appena 13 anni. Mentre il marito
Girolamo si occupa di politica, lei cresce.
Scena romantica di cavalleria cortese (Pinacoteca di Budapest)
Agevolata da un atteggiamento
amabile e disinvolto, ben presto Caterina si introduce nella vita mondana delle
maggiori corti del Rinascimento, diventando primadonna in fatto di balli,
pranzi e perfino battute di caccia, dove non perde occasione per dare filo da
torcere ai gentiluomini. Ammirata come
donna fra le più belle ed eleganti d'Europa, presto la Sforza si accasa a Roma,
sede di potere per eccellenza, dove é adulata da uno stuolo di artisti,
filosofi, poeti e musicisti provenienti da tutta Europa: dalla nobiltà più
importante e perfino di Sisto IV, che la apprezza come intermediaria
diplomatica fra il soglio pontificio e il nuovo regime instaurato a Milano dal
celebre zio Ludovico Sforza, detto "il Moro".
Tarocchi dorati di Bonifacio Bembo, tipico svago cortese di casa Sforza (Bergamo, Accademia Carrara)
La vita dei coniugi Riario-Sforza
subisce una brusca svolta proprio con la morte del papa... Diffusasi la notizia
della dipartita, i sostenitori delle fazioni che avevano patito ingiustizie
durante il suo pontificato portano il terrore per le strade di Roma e
saccheggiano la residenza dei Riario. Di risposta, a nome del marito
Caterina irrompe a cavallo in Castel
Sant'Angelo con una scorta armata di fedelissimi; dopo 12 giorni di strenuo
assedio, la Sforza é costretta ad arrendersi al Sacro Collegio a subire
l'esilio in Romagna con la famiglia.
I guai sono solo appena iniziati:
il vento non soffia più a favore della fanciulla milanese.
Roma. Castel Sant'Angelo
Nel 1488 Gerolamo é ucciso in una
congiura ordita dalla nobile famiglia forlivese degli Orsi e il suo palazzo
viene saccheggiato. La venticinquenne Caterina, incurante delle delle minacce
ai suoi bambini presi in ostaggio, dall'alto delle mura della rocca forlivese,
grida: «Fatelo, se volete: impiccateli pure davanti a me!» e sollevatesi le gonne, mostra il pube. «Qui
ho quanto basta per farne altri!»
Di fronte a tanta spavalderia,
gli Orsi non osano toccare i giovani Riario. Poco dopo, con l'appoggio dello
zio Ludovico il Moro, interessato a garantirsi influenza in Romagna per
contrastare Venezia, la duchessa recupera il governo di Forlì e Imola: le case
dei congiurati sono rase al suolo, gli oggetti preziosi distribuiti ai
poveri...
...ma Caterina non può ancora
quietare...
Dama dei Gelsomini, probabile ritratto di Caterina Sforza (Lorenzo di Credi, pinacoteca di Forlì)
Anche le
seconde nozze della Sforza, contratte stavolta in segreto e per amore di
Giacomo Feo, fratello del fedele castellano di Imola, hanno breve
durata; l'invidia del figlio Ottaviano, che teme di perdere i diritti
ereditari a vantaggio del giovane e sfrontato pretendente, invia dei
sicari per uccidere sia Giacomo sia la propria madre. Informata in
ritardo, Caterina, disperata e iraconda di fronte all'uccisione
dell'amato, fa imprigionare e
giustiziare tutti i congiurati tranne Ottaviano, che nel 1506 diventerà
perfino vescovo di Viterbo. Seguirà un'altra congiura, subito sventata,
ordita dagli Ordelaffi. In questi anni Caterina ha dedicato la sua vita
privata alle più svariate attività, come al ''Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae'',
ricettario alchemico parzialmente crittografato in cui sono descritte
annotazioni di incantesimi e sortilegi, evocazioni spiritiche, pozioni e
antidoti....
Nei più
consueti affetti familiari Caterina rivela essere l'amorevole madre di
numerosi figli: il più celebre di essi, il glorioso quanto sfortunato
capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere, erediterà da lei la
passione per le armi e il comando.
Allo scoccare del Cinquecento
muore Lorenzo il Magnifico e si impongono i terribili Borgia.
«Contemporanei e posteri ne hanno
fatto dei mostri capaci d'ogni frode e scelleratezza. Su di loro sono stati
versati fiumi non d'inchiostro, ma di fiele.»
Presto, all'orizzonte incombono nubi temporalesche: i Borgia, bramosi di fondare un regno in Italia
centrosettentrionale, consapevoli dell'importanza della Romagna nello
scacchiere politico italico attaccano Imola.
Cesare Borgia detto "il Valentino" (Bergamo, Accademia Carrara)
La duchessa, impavida donna,
incita i suoi a resistere all’assedio di Cesare Borgia detto il Valentino. Piegata dal lungo assedio posto dal temibile
figlio di Alessandro VI, perfino nella sconfitta Caterina conosce una grandeur
senza precedenti.
Condotta a Roma per essere rinchiusa come prigioniera in quel
Castel Sant’Angelo che fu un tempo suo, anziché seguire legata ai ceppi il
destriero del vincitore entra in città cavalcando al suo fianco, vestita come
una regina avvinghiata da catene d’oro massiccio."
Dopo aver riacquistato la libertà, la duchessa si ritira a Firenze, a vita privata, dove si spegnerà tra rancori e disillusioni.
Dopo aver riacquistato la libertà, la duchessa si ritira a Firenze, a vita privata, dove si spegnerà tra rancori e disillusioni.
L'aura leggendaria che ancora
oggi permea la figura della potente sovrana del Rinascimento affonda le sue
radici nel contesto storico in cui ella visse: un momento di grande cambiamento
in cui la stirpe degli Sforza rappresentava l'ultima dinastia laica, prima che
il potere papale avesse la meglio. Tanto più, era inammissibile che una donna
spadroneggiasse alla stregua di un uomo: ed ecco Caterina descritta dai vincitori
come una donna malvagia e crudele, quasi demoniaca.
Gli Imolesi stessi sostengono che
la nobile costruì il suo castello in una sola notte, con l’aiuto del diavolo.
Sarà vero, come taluni narrano, che facesse gettare ospiti indesiderati e amanti in
pozzi segreti muniti di lame affilate?
La rocca Sforzesca di Imola
Comunque sia, ancora oggi, tra le
stupende rocche di Imola, Forlì e Dozza qualcuno sussurra di aver percepito la
sua presenza: rumori che spesso provengono da
stanze diverse da quella in cui vi trovate; apparizioni cangianti, ectoplasmi
della donna che fu, colti a vagare per l’oscurità del castello con un lume in
mano. Sugli incauti che hanno cercato di raggiungere il suo leggendario scrigno
d'oro inerpicandosi per una stretta e buia scala a chiocciola, è calata
un'ombra minacciosa, seguita da una tenebra impenetrabile.
La via per lo studiolo di
Caterina, luogo di evocazioni rituali e composti alchemici, è andato smarrito.
A volte, alla flebile luce della
luna calante qualcuno l'ha vista lanciarsi al galoppo fuori dal maniero, lancia
in resta, per difenderlo dall'assalto dell'odiato Borgia.
Rocca Sforzesca di Imola: tela romantica che immortala la cattura di Caterina
Nelle notti di luna piena,
invece, il bel volto di Caterina avrebbe fatto capolino tra le merlature del
suo castello, intenta a scrutare negli astri i segreti del futuro...o del suo
passato infelice. Milano, città natia che le donò spensierati ricordi
d'infanzia...suo padre, così vizioso eppure amorevole...gli innumerevoli
viaggi e gli altrettanti mariti,
schiantati da morte violenta.
Negli ultimi anni della sua vita, la duchessa
confidò a un frate:
«Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo».
Caterina, quali segreti avevi da
raccontare? Perché non li hai tramandati ai posteri?
Questo, il mistero di Caterina, forse il più grande, che non conosceremo mai.
Foto e testo: Marco Corrias (alias Marc Pevèn)
Rocca Sforzesca di Imola al tramonto
Bibliografia
Carlo Pedretti, Caterina,
Ludovico e Leonardo. Ipotesi di lavoro, in “Caterina Sforza: una donna del Cinquecento”, 2000
Michael Gelb, Il
segreto da Vinci, Milano 2005
Gilberto Giorgetti, Gioconda
o Caterina Sforza? Un quesito leonardesco in “La pie”, n.78, 2009
Antonio Burriel, Vita
di Caterina Sforza Riario, Bologna, 1795
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