Per raccontare di questo
favoloso convento è necessario fare un salto indietro nel tempo, fino a
raggiungere il lontano XII secolo. A quell’epoca, in un
clima di costante discordia dovuto alle continue lotte tra fazioni avverse, Genova non trovava pace.
Fu proprio nell’atmosfera pesante della
litigiosa “Superba”, che venne assassinato il nobiluomo e console Angelo de
Mari, lasciando nella più addolorata solitudine la moglie Attilia Malfante.
Furono la disperazione e la voglia di trovare un angolo di serenità dopo tante lacrime, che condussero la dama genovese a prendere la decisione di farsi monaca e, qualche anno dopo, di far costruire il convento. Un’altra nobile concittadina di Attilia, una certa Tibia (forse la stessa sorella della vedova) si unì a lei nella realizzazione dei suoi progetti: saranno infatti le due donne a ordinare la costruzione di quel luogo di preghiera tanto desiderato, che sorgerà nei loro terreni nella campagna retrostante Rapallo.
Furono la disperazione e la voglia di trovare un angolo di serenità dopo tante lacrime, che condussero la dama genovese a prendere la decisione di farsi monaca e, qualche anno dopo, di far costruire il convento. Un’altra nobile concittadina di Attilia, una certa Tibia (forse la stessa sorella della vedova) si unì a lei nella realizzazione dei suoi progetti: saranno infatti le due donne a ordinare la costruzione di quel luogo di preghiera tanto desiderato, che sorgerà nei loro terreni nella campagna retrostante Rapallo.
Il nuovo convento fu destinato ad accogliere al suo interno monache di clausura cistercensi.
L'Ordine Cistercense
sorse nel 1098 a Citeaux (Borgogna, Francia) come movimento riformatore in
risposta al rilassamento del rigore morale e religioso dei ricchissimi Cluniacensi
(ramo riformato dell'ordine benedettino) che si ispirava alla stretta attuazione della Regola di San Benedetto.
Conferma del
fatto che ad
abitare per prime il convento fossero state monache dell’ordine
cistercense è anche la dedicazione del complesso in onore di Santa Maria
in Valle Christi, che richiama i cenobi benedettini
di Chiaravalle, Vallechiara, Valleverde e Altavalle, nacque come
filiazione
dell’allora famosa abbazia del Tiglieto.
L’iniziativa
delle due
dame genovesi fu ampiamente assecondata dall’arcivescovo di Genova prima
che il nuovo complesso monastico fosse posto sotto la giurisdizione
della Santa
Sede.
Le monache occuparono “Valle Christi” per quasi
trecento anni: tra di esse presenziò anche un nome illustre come quello di
Carinzia Visconti, nipote di papa Gregorio X. Nonostante si fossero guadagnate
nel tempo fama di operosità e santità, a poco a poco, il numero delle monache
iniziò ad essere sempre più esiguo: il convento andò inspiegabilmente a
spopolarsi sempre più finché, nel 1573, Gregorio XIII lo fece chiudere in via
definitiva: le difficoltà causate dall’isolamento, dalla insalubrità del
luogo e i decreti emanati dal Concilio di Trento nella metà del XVI secolo, che
decretarono la necessità dei conventi ad essere più vicini ai centri abitati,
avevano giocato un ruolo determinante nel fallimento di Valle Christi. I
preziosi beni custoditi al suo interno furono inventariati e venduti: la sacra
reliquia del capo di S Biagio e una tela del Fiasella, pittore caravaggesco
d’origine genovese, furono consegnate alla Collegiata di Rapallo. Infine, lo
stesso convento e le sue terre vennero venduti.
Furono queste le vere cause del declino di Valle Christi? O forse
esistette una ragione più oscura, quasi occultata dagli abitanti di Rapallo e
delle valli limitrofe?
Varie testimonianze dimostrano che, fino a metà ‘800, le condizioni di
conservazione del monastero erano miracolosamente ottimali, quasi come se la
gente non avesse più osato avvicinarsi…furono l'incuria delle autorità e degli
abitanti ad aggravarne il disfacimento. Le mura del convento, sgretolandosi, come
troppo spesso accade, fornirono materiale per la costruzione di case coloniche,
mentre gli edifici attornianti la chiesa ed il chiostro divennero il focolare
ed il ricovero per le famiglie dedite al lavoro dei campi.
Nel 1903, “Valle Christi”, purtroppo ormai ridotta a poco più di un
rudere, fu dichiarata monumento nazionale italiano. Ebbero così inizio i primi
concreti restauri dell’immobile, ad opera di Alfredo d’Andrade: noto
architetto, archeologo ed esperto restauratore, conosciuto soprattutto per i
ritocchi, se non proprio per i drastici rifacimenti “in stile”, che apportò a numerosi castelli piemontesi.
Eppure
un’aura di mistero ancora permane sulla valle disabitata: non a
caso, e agli amanti del mistero interesserà saperlo, intorno al
convento,
probabilmente a causa della sua posizione isolata e poco esposta alla
rassicurante luce del sole, forse lo stato di totale abbandono, generò
una
lugubre leggenda. Si narra che in tempi molto antichi una monaca,
follemente
innamorata di un pastore, avesse trasgredito alla regola di castità
restando incinta e per punizione fosse stata murata viva con la sua
bambina appena nata
in una cella del convento. Molti asseriscono ancora oggi, che nelle
notti senza luna, un lamento struggente sale dalle antiche pietre e si
diffonde nella campagna.
Ciò è davvero possibile? Effettivamente, talvolta si può udire un “lamento”,
ma solo quando il clima è asciutto e ventoso: Forse gli spifferi, infiltrandosi negli
interstizi del rudere, ne fanno da cassa di risonanza, invadendo la
valle. Si tratterebbe quindi di un artificio, lo stesso suono che si produce soffiando
in un tubo, ad aver dato adito alla leggenda del fantasma della suora. Eppure
questa leggenda col tempo ha raccolto proseliti: ancora nota quando lo scrivente
era poco più che adolescente e vi faceva visite notturne in cerca di risposte e suggestioni, negli ultimi
anni la meta è stata rispolverata dalla nota equipe di Mistero, in
cerca della fatidica parete murata dietro una fantomatica croce scolpita.
Quella croce, collocata sulla parete posteriore dell’abside destra, indica
invero una sepoltura; lo spessore della parete non è comunque adeguato a
murarvi una persona e tra i ruderi del Monastero vi sono molte altre tombe.
Un’altra leggenda popolare diffusa e forse legata agli assalti dei
saraceni è quella che voleva il Monastero di Santa Maria in Valle Christi anticamente
affacciato sul mare. A testimoniarlo, alcuni anelli infissi nella
parete posteriore della chiesa, oggi non più presenti: ma questo avrebbe
presunto
l’inesistenza del borgo medioevale di Rapallo, invece posto tra il mare e
la valle, per cui anche questo mito dev'essere sfatato. Sebbene la
Valle costituisse parte di un’area
palustre da bonificare, è più probabile che a quegli anelli si legassero
cavalli, non barche.
Dal punto di vista artistico, ancora oggi è possibile riconoscere nelle
rovine medievali del monastero di Valle Christi l’impronta “cistercense”: si
tratta del celebre stilema architettonico e organizzativo di provenienza
francese, che dopo essere stato inaugurato dal potente abate-teologo Bernardo
di Clairvaux (Chiaravalle) attraverso un sistema capillare di abbazie sparse in
tutta l’Europa del XII secolo, si diffuse anche in Italia, con ben ottantotto
filiazioni dell’originaria casamadre borgognona. Veniva così precocemente introdotta nella nostra penisola una versione
moderata dello stile gotico, nata dalla mediazione e commistione con la
perdurante e ben radicata tradizione romanica.
Tutte le abbazie di
regola benedettino-cistercense prevedevano l’applicazione di uno schema
ricorrente: l’organizzazione razionale degli spazi conventuali (chiesa, sala
capitolare, refettorio, dormitorio e magazzino-dispensa), disposti attorno a un
chiostro, testimoniato anche a “Valle Christi” dai resti delle mura
perimetrali, a cingere lo spazio occupato da un pozzo. Le persistenze più
appariscenti della struttura originaria sono l’abside maggiore, piatta e di
forma quadrangolare, come la regola “bernardina” esigeva, scandita da due
aperture e da un oculo, e il campanile romanico.
Suggestive volte gotiche a sesto acuto, rese ancora più aguzze dalla
mancanza dell’originaria copertura lignea, svettano sulla zona presbiteriale,
dove era posto l’altare. Il rudere di “Valle Christi” esibisce la sua sobria e
grandiosa armonia per mezzo della sola nuda pietra: la severa regola
cistercense proibiva infatti ogni vanità decorativa che si riteneva potesse
distrarre le monache dalla preghiera.
Le maestranze locali, forse ispirate dalle tecniche dei lapicidi francesi, hanno potuto trarre compiacimento
esclusivamente dalla bellezza architettonica delle volte ogivali, dalla perizia
nell’uso di materiali semplici e dai riflessi dell’illuminazione naturale, sinonimo
di luce divina, ricavata dalle aperture absidali.
L’abside stessa e le due
cappelle laterali del transetto mostrano l’originaria pianta a croce latina, e
i resti murari, che vanno scalando verso il prato, tracciano quella che doveva essere
la peculiare pianta ad unica navata. La torre campanaria, posta in coincidenza
del transetto destro, esibisce archetti pensili di tradizione romanica, con
monofore e trifore che all’ultimo piano sono già gotiche, ed è coronata da un
suggestivo tetto cuspidato.
Diversamente dalle altre chiese genovesi, che fanno uso di ogive e cornici
di archetti soprattutto a scopo decorativo, le vestigia secolari di “Valle
Christi” interpretano in modo più autentico la nuova concezione strutturale, prevedendo
equilibri di spinte, contro spinte e calcoli statici, a testimonianza di una delle
più autentiche innovazioni gotiche in Liguria: la rarità di tali schemi ha qui
reso il monumento un caso unico.
Immersa nella vegetazione
boschiva che oggi la isola dalla moderna vita turistica del centro di Rapallo,
affascinante per il suo aspetto romantico e per le oscure leggende che
custodisce tra i muschi e nel silenzio, “Valle Christi” vive una seconda vita,
ospitando sul suo prato rappresentazioni teatrali e altre iniziative culturali
di grande richiamo, soprattutto nella stagione estiva. Eppure la stagione di
eventi inaugurata da qualche anno, pur mettendo in luce un meraviglioso luogo,
peraltro dotato d’ottima acustica, con i suoi visitatori e gli orribili
seggiolini blu ha quasi profanato la primitiva bellezza del "rudere": come se il
mistero, tutto d’un tratto, si fosse stancato di restare tra noi.
Ma quando in autunno le notti si faranno più fredde e i turisti, tornati alle loro dimore, avranno scordato da tempo gli inutili svaghi mondani, forse quel lieve sussurro che si innalza lieve per poi tendere a inasprirsi con la tramontana fischierà ancora, tra le trifore cupe e la finestrella all’ultimo piano del cupo rudere di Valle Christi.
Ma quando in autunno le notti si faranno più fredde e i turisti, tornati alle loro dimore, avranno scordato da tempo gli inutili svaghi mondani, forse quel lieve sussurro che si innalza lieve per poi tendere a inasprirsi con la tramontana fischierà ancora, tra le trifore cupe e la finestrella all’ultimo piano del cupo rudere di Valle Christi.
Marc Pevèn (alias Marco
Corrìas)
Bibliografia:
P. Berri. Rapallo nei secoli. 1979
G. Barni. Storia di Rapallo e della gente del Tigullio, 1983
M. Ricchetti, Liguria sconosciuta, 1983
N. Pazzini, R. Paglieri. Chiese in Liguria, 1990
Bibliografia:
P. Berri. Rapallo nei secoli. 1979
G. Barni. Storia di Rapallo e della gente del Tigullio, 1983
M. Ricchetti, Liguria sconosciuta, 1983
N. Pazzini, R. Paglieri. Chiese in Liguria, 1990
molto interessante. Grazie.
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