lunedì 4 settembre 2017

Alle radici di Luino: un antico portale, una storia infinita


Luino, Il portale rinascimentale del santuario di S. Maria del Carmine (1487)


Spesso scordiamo che la storia, grande o piccola che sia, è passata anche per di qui: a Luino, terra di frontiera sulle rive del lago Maggiore. Accogliente e piacevole cittadina turistica dotata di nuove infrastrutture di recente realizzazione in riva al lago, sede di una rinnovata movida come non se ne vedeva più dai tempi della Belle Époque, Luino non è solo quella “terra di matti e artisti”, così soprannominata per aver dato i natali a scrittori come Piero Chiara e Vittorio Sereni, a comici e letterati del Calibro di Dario Fo, “premio Nobel di Sangiano” o a più recenti e talvolta discutibili protagonisti di fiction, trasmissioni e commedie. 

Dove cercare l’essenza più profonda di Luino, città che può vantare l’unicum della prima statua dedicata a Giuseppe Garibaldi, nel 1868, quando “L’Eroe dei due Mondi” era ancora vivente?

Vista sul Verbano dai colli a nord

Proviamo ad andare più indietro nel tempo. Non tutti ricordano che l’antica sede plebana è ancora srgnalata dallo strepitoso campanile romanico di San Pietro in Campagna, o al Cimitero: un poderoso fusto di cinque piani d’altezza (il basamento è inglobato dalla casa canonicale) in pietrame misto, sulle cui specchiature “s’inerpicano” sottili feritoie e strette monofore, presto sostituite da eleganti bifore binate chiuse da un tetto rustico a piode scure. Rara testimonianza medievale sopravvissuta, quasi dimenticata dopo il decentramento voluto nel 1574 da San Carlo Borromeo, a favore della nuova prepositurale dedicata ai SS. Pietro e Paolo. 

Campanile del S. Pietro in Luino (XII sec.).

Eppure, l’essenza più intima di Luino non va cercata nemmeno così presto: nel XII secolo la dominatrice della sponda orientale del Verbano, infatti, era ancora Germignaga, un tempo protetta nientemeno che da un “vallo” romano dotato di baluardi imponenti (torre Fuga e Torre Claudia, in frazione Voldomino), da un “castrum sgiavorum” di origini longobarde e da una “domus” adibita al primo culto cristiano della valle (Domo Valtravaglia, poi sostituita dalla Canonica di Brezzo). Germignaga, infatti, doveva essere protetta da una grande fortezza ("il Castellaccio") in cui, nel IX secolo si sarebbero rifugiati Berengario II re d’Italia e i suoi figli, in fuga dall’ira dell’imperatore Ottone I.  Ancora dopo il 1000 il nobile casato de Sexa (da Sessa) del ramo della Valtravaglia, accresciuto il proprio patrimonio, continuò ad accentrare il suo dominio tra Germignaga e Domo.

Perché proprio Luino, a un certo punto, fu destinata a un ruolo di egemonia nell’area, e come accadde?

Battistero carolingio di Domo Valtravaglia (IX-X secc.).

Solo il santuario rinascimentale della Madonna del Carmine, i cui riti solenni legati alla Madonna di Luglio furono sí cari ai popoli della Valtravaglia, ma anche ai paesi rivieraschi della sponda opposta del lago, può offrirci risposte da tempo obliate ai più. Siti in posizione panoramica sulla riva orientale del Lago Maggiore, chiesa e convento furono fondati nel 1477, sotto la signoria dei Conti Rusca: le coscienze di questi ultimi sarebbero state spinte, pare, dalla santità di vita e dai prodigi di un converso dell’ordine dei Carmelitani, il beato fra’ Jacopo della nobile casata dei Luini; il destino vuole che quest’ultimo fosse sepolto proprio nella summenzionata San Pietro al Cimitero e raffigurato con tanto d'aureola in un affresco attribuito a in suo omonimo: il ben più noto Bernardino Luini, gran pittore originario del luogo (Dumenza), aureolato e in compagnia di Maria e dei Magi, con il lago e la città a fare da sfondo.

Adorazione dei Magi (Inizi XVI sec., San Pietro di Luino)



Un bellissimo portale, quello appartenente al Santuario della Madonna del Carmine: quasi incastonato di fronte al lungolago, incarna il momento storico più favorevole del nuovo capoluogo di un’antica contea: gli stemmi feudali scolpiti e le dedicazioni incise sugli stipiti d’arenaria rossa testimoniano il gusto aggiornato per l’arte posseduto dai committenti...
...ma i Rusca, chi erano?

Como, S. Abbondio - Armigeri lombardi (XIV sec.).

Tra i casati il cui nome risuona più e più volte nei secoli tra Lario, Ceresio e Verbano, sarebbe impossibile ignorare i Rusca, detti anche “Rusconi”: famiglia ticinese che da Bellinzona già dal 1100 si trasferì a Como, assumendo a più riprese il titolo podestarile: vassalli "minori ma non troppo", favoriti nelle ambizioni espansionistiche da una discendenza assai ramificata, per tutto il medioevo i Rusconi diedero filo da torcere ai loro avversari, fino ricoprire ruoli di prestigio nel Malcantone, a Bellinzona e perfino a Milano e Lucerna, con ruoli di primo piano in campo politico ed ecclesiastico.

Beata Beatrice Rusca Casati col figlio Giovanni (affresco di G. A da Montonate, fine XV sec.).


Entriamo nello specifico. Sempre presenti nelle dispute per il predominio su Como, capoluogo del Lario, ed esiliati nel 1302 dagli odiati Vitani (o Vittani), nel 1311 i Rusconi rientrarono in possesso del governo cittadino. Il loro ritorno decretò il definitivo tramonto delle istituzioni comunali comasche: Franchino I, assunto il titolo di signore di Como, instaurò un governo dispotico ma, finché i commerci erano floridi, tutto andò a gonfie vele. Eletto nientemeno che vicario imperiale dall’imperatore Lodovico il Bavaro, vinta un’ostica partita tutta giocata tra potenze avverse per il dominio dei passi alpini Franchino I, nuovo signore feudale di spicco, iniziò a battere moneta per conto proprio. Missione compiuta: la sua discendenza avrebbe generato un numero incalcolabile di capitani del popolo e arcipreti.

"Pegione" di Franchino II Rusca con Sant'Abbondio sul verso (1408-12):


Eppure, solo con la vittoria di Ottone Visconti sui Torriani e il suo conseguente beneplacito, i Rusconi ottennero il diritto di occupare Como in via ufficiosa.

L’idillio fu di breve durata: nonostante il favore ricevuto, pur di accaparrarsi anche il Sottoceneri i Rusca osarono sfidare il potente casato alleato: nel 1395, la prevedibile disfatta ruscona portò all’accorpamento del basso Ticino nelle terre ducali. Nel 1402, quando Gian Galeazzo Visconti morì di peste, lo sbando del ducato causato dai sommovimenti interni e dall'inesperienza dei suoi eredi (Giovanni Maria e Filippo Maria), ancora troppo giovani, permise ai Rusca di riprendere la personale politica d’espansione territoriale, ma il tentativo di rientrare a Como da parte di Franchino II, nipote omonimo del primo Rusca, incontrò per la seconda volta l’opposizione del clan dei Vittani. 
Dopo la morte di Franchino II, il 1416 fu l’anno del compromesso: Lotario Rusca, ultimo signore di Como, rinunciava al governo della città a favore dei Duchi di Milano. Inaugurata una guerra di riconquista del Ducato sotto buoni auspici, Filippo Maria, nuovo degno erede di casa Visconti, fondò ex novo una contea e la donò ai riottosi Rusca: era la “Val Lugano”, ambito premio la cui assegnazione, dietro tacito accordo, era però subordinata alla riconsegna del Sottoceneri.
Forse a quel punto sarebbero stati proprio i Rusconi, inconsapevolmente, a gettare i primi semi per la nascita del futuro Canton Ticino?

Torre Rusca di Redde (XV sec., Canton Ticino)

Nel frattempo, chi credette che la disputa ruscona avesse avuto il suo epilogo dovette restarne deluso: aspirando da sempre anche alla Signoria su Locarno, dopo un lungo conflitto con i napoletani Sanseverino, nobili forestieri o meglio capitani di ventura assetati di guerra, introdotti da Filippo Maria Visconti al fine di instaurare un regime di terrore in provincia, dalla prima metà del XV secolo la famiglia Rusca aveva rinunciato definitivamente a Como ed al Sottoceneri: su pressione di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, Franchino III cedette il dominio su Como e il Mendrisiotto in cambio di una terra ricca ma strategicamente più defilata: così ottenne la conferma della signoria su Locarno, più la “varesotta” Valtravaglia con Luino, con il titolo di conti: (1438-9).

Arca funebre di Franchino I Rusca (1339, maestri campionesi)

In cambio di tali pesanti rinunce, la famiglia Rusca riuscì a confermare il suo dominio sullo stupendo castello di Locarno e sui suoi traffici lacustri; nel frattempo, Luino diveniva così capoluogo del tratto di terra esteso tra Maccagno, in mano agli alleati Mandelli, e Laveno: la necessità tra le due località rivierasche di intrattenere rapporti commerciali diede a Luino quel ruolo d'importanza che in passato era spettato a Germignaga.

In seguito alla morte di Filippo Maria Visconti e alla proclamazione della breve Repubblica Ambrosiana, nel 1447 i Rusca azzardarono ancora una volta: forse il crollo del ducato avrebbe permesso loro di riappropriarsi una volta per tutte dell’avita Bellinzona…


Como, Palazzo Rusca (facciata del XIV sec.).


Malgrado il sostegno di truppe mercenarie svizzere, più precisamente urane e dell’ambizioso Enrico de Sacco, signore “ticinese” della Mesolcina, il fortilizio resistette. Fu così che il rovescio militare spinse i Rusca a contrattare con Francesco Sforza, fresco sposo di Bianca Maria Visconti: grazie al matrimonio combinato, il più grande condottiero dell’Italia del Rinascimento salvò la vecchia dinastia e ne ereditò il blasone della serpe. Lo Sforza concesse ai Rusca quanto già avevano, più la val d’Intelvi: alla ricchezza materiale accumulata da generazioni, i feudatari comaschi di un tempo ora potevano assommare un invidiabile peso politico nel gioco degli equilibri tra potenze maggiori e signorie locali. Da allora ai giorni della dominazione svizzera, sotto Franchino III (1466 †) e i figli, Pietro Antonio (1492 †) e Giovanni Nicolò (1508 †) i possedimenti dei Rusca conobbero un periodo di tranquillità, buona amministrazione e sviluppo artistico, improntato sui canoni del Rinascimento lombardo.

Jakob Tschachtlan, Bellinzona assediata


Nel 1487 il vescovo Rolando consacrò il Santuario della Madonna del Carmine di Luino, che divenne uno dei punti di riferimento della vita e della storia quotidiana della città: ed ecco spiegato il senso del portale d'’ingresso della chiesa, intagliato nell’arenaria rossa: in stile rinascimentale con gli stemmi dei Rusca, feudatari dell’epoca in compagnia del biscione un tempo visconteo e poi sforzesco che concedeva loro privilegi sulla valle, rappresenta appieno le tendenze estetizzanti della famiglia Rusca, ispirata dal buon gusto del casato sforzesco.

Luino, Santuario del Carmine, Cappella del Crocifisso (1544)

Con la caduta sforzesca e il breve ma cauto passaggio delle terre lombarde, quando Bellinzona fu conquistata dagli svizzeri (1500), Locarno divenne il baluardo estremo del ducato di Milano. Con la pressione espansionistica dei cantoni confederati, la sua vocazione bellica fu inevitabilmente accentuata: espressione più evidente di questa situazione fu l’aggiunta del rivellino settentrionale, recentemente attribuito a Leonardo da Vinci. Sotto il controllo del Giglio di Francia, nel 1502-3, di fronte a una calata di 15.000 svizzeri il governatore alla testa delle truppe francesi diede ai Rusca il suo sostegno. Con la Pace di Friburgo del 1516 la vita illuminata di casa Rusca dovette cedere il passo ai secoli del cupo baliaggio elvetico: la caduta degli Sforza estromise i Rusca anche dal numero dei confederati Svizzeri.



Codice atlantico di Leonardo - Probabile rivellino di locarno


Detto questo, la storia dei Rusca e della loro eredità non termina qui: anzi!
I potenti signori di un tempo, ora in possesso della Contea di Luino, lungi dal deprimersi riuscirono a realizzare un vecchio progetto già delineato fin dai tempi dell’inaugurazione del portale dei carmelitani: ad un primo tentativo, operato dall’avo Giovanni Rusca, di ottenere l’apertura di un mercato in Luino con conseguente ostilità dei maestri sforzeschi delle entrate ducali, proprio nell’epoca apparentemente più buia, ossia sotto il dominio spagnolo, il piano si poté infine realizzare.

Non avendo mai perso i contatti con i Mandelli, signori del piccolo feudo di Maccagno che a quel tempo, con il conte Giacomo, stavano ottenendo la concessione di un mercato settimanale per buoni uffici presso l´Imperatore Carlo V, tra il 1535 e 1541 i Rusca di Luino convinsero i governatori spagnoli a estendere anche al loro borgo un uguale privilegio. Statuendo che il suddetto mercato si tenesse a settimane alterne tra Luino e Maccagno, con l’appoggio del conte Giacomo Mandelli  il 5 settembre 1541 l’imperatore decretò che anche a Luino si potesse tenere mercato di bestiame, cereali e prodotti vari.

Bellinzona: sogno di grandezza ruscona ed ultimo baluardo ducale


Il benessere di casa Rusca al tramonto della sua storia è ancora una volta immortalato dalle nuove imprese eseguite nella Chiesa del Carmine: per volere di questi signori al tramonto, nel 1544 la chiesa luinese fu ampliata con una nuova cappella oggi chiamata “del Crocifisso”, affrescata da una bottega itinerante in uno stile in parte ancora goticheggiante, in parte aggiornato sulle moderne istanze pittoriche tardo rinascimentali del valsesiano Gaudenzio Ferrari: sulle pareti sfilano l’Annunciazione, la Natività e sull’arcone figure di Profeti. Attorno al 1655 vi sarebbe stata aggiunta una nuova Cappella, dedicata alla Madonna del Carmine, ma nemmeno le innovazioni barocche sarebbero riuscite ad alterare del tutto il senso dei volumi rinascimentali.

A. Ortelius (Anversa, 1528-1598). Antica mappa del Verbano, Ducato di Milano


Il 1671 fu l’anno dei legni preziosi: la chiesa vide l’installazione di un organo, di confessionali, di un pulpito e di una cantoria, notevoli per la ricchezza degli intagli, recentemente restaurati e restituiti alla loro primitiva bellezza.

Testo e foto: Marco Corrìas

Bibliografia di base
Corrias, M, Il Grande Atlante del Verbano e del Canton Ticino, 2016
Frigerio P., Tracce di sistemi difensivi verbanesi nell'alto medioevo 1979
Frigerio, P., Paesaggi e paesi del lago Maggiore, 1998
Frigerio, P., Storia di Luino e delle sue valli, 1999
Pessina, C. Frigerio, P., Il gran libro del lago Maggiore, 1994
Vismara, G, Cavanna, A Vismara, A, Ticino medievale, Storia di una terra lombarda, 1990


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