Luino, Il portale rinascimentale del santuario di S. Maria del Carmine (1487)
Spesso scordiamo che la storia, grande o
piccola che sia, è passata anche per di qui: a Luino, terra di frontiera sulle
rive del lago Maggiore. Accogliente e piacevole cittadina turistica dotata di
nuove infrastrutture di recente realizzazione in riva al lago, sede di una
rinnovata movida come non se ne vedeva più dai tempi della Belle Époque, Luino non è solo quella “terra di matti e artisti”, così soprannominata
per aver dato i natali a scrittori come Piero Chiara e Vittorio Sereni, a
comici e letterati del Calibro di Dario Fo, “premio Nobel di Sangiano” o a più
recenti e talvolta discutibili protagonisti di fiction, trasmissioni e
commedie.
Dove cercare l’essenza più
profonda di Luino, città che può vantare l’unicum della prima statua dedicata a Giuseppe Garibaldi, nel
1868, quando “L’Eroe dei due Mondi” era ancora
vivente?
Vista sul Verbano dai colli a nord
Proviamo ad andare più indietro nel tempo. Non tutti ricordano che l’antica sede plebana è ancora srgnalata dallo
strepitoso campanile romanico di San Pietro in Campagna, o al Cimitero: un poderoso fusto di
cinque piani d’altezza (il basamento è inglobato dalla casa canonicale) in
pietrame misto, sulle cui specchiature “s’inerpicano” sottili feritoie e strette
monofore, presto sostituite da eleganti bifore binate chiuse da un tetto
rustico a piode scure. Rara
testimonianza medievale sopravvissuta, quasi dimenticata dopo il decentramento
voluto nel 1574 da San Carlo Borromeo, a favore della nuova prepositurale
dedicata ai SS. Pietro e Paolo.
Campanile del S. Pietro in Luino (XII sec.).
Eppure, l’essenza più intima di Luino non va cercata
nemmeno così presto: nel XII secolo la dominatrice
della sponda orientale del Verbano, infatti, era ancora Germignaga, un tempo protetta
nientemeno che da un “vallo” romano dotato di baluardi imponenti (torre Fuga
e Torre Claudia, in frazione Voldomino), da un “castrum sgiavorum” di origini longobarde e da una “domus” adibita al primo culto cristiano
della valle (Domo Valtravaglia, poi sostituita dalla Canonica di Brezzo). Germignaga, infatti, doveva essere protetta
da una grande fortezza ("il Castellaccio") in cui, nel IX secolo si sarebbero rifugiati Berengario
II re d’Italia e i suoi figli, in fuga dall’ira dell’imperatore Ottone I. Ancora dopo il 1000 il nobile casato de
Sexa (da Sessa) del ramo della Valtravaglia, accresciuto il proprio patrimonio,
continuò ad accentrare il suo dominio tra Germignaga e Domo.
Perché proprio Luino, a un certo punto, fu destinata
a un ruolo di egemonia nell’area, e come accadde?
Battistero carolingio di Domo Valtravaglia (IX-X secc.).
Solo
il santuario rinascimentale della Madonna del Carmine, i cui riti
solenni legati alla Madonna di Luglio furono sí cari ai popoli della
Valtravaglia, ma anche ai paesi rivieraschi della sponda opposta del
lago, può offrirci risposte da tempo
obliate ai più. Siti in posizione panoramica sulla riva orientale del Lago Maggiore,
chiesa e convento furono fondati
nel 1477, sotto la signoria dei Conti Rusca: le coscienze di questi ultimi sarebbero
state spinte, pare, dalla santità di vita e dai prodigi di un converso dell’ordine
dei Carmelitani, il beato fra’ Jacopo della
nobile casata dei Luini; il destino vuole che quest’ultimo fosse sepolto
proprio nella summenzionata San Pietro al Cimitero e raffigurato con tanto d'aureola in un affresco attribuito a in suo omonimo: il ben più noto Bernardino Luini, gran pittore originario del luogo (Dumenza),
aureolato e in compagnia di Maria e dei Magi, con il lago e la
città a fare da sfondo.
Adorazione dei Magi (Inizi XVI sec., San Pietro di Luino)
Un
bellissimo portale, quello appartenente al Santuario della Madonna del Carmine: quasi
incastonato di fronte al lungolago, incarna il momento storico più favorevole del
nuovo capoluogo di un’antica contea: gli stemmi feudali scolpiti e le dedicazioni
incise sugli stipiti d’arenaria rossa testimoniano il gusto aggiornato per l’arte
posseduto dai committenti...
...ma i Rusca, chi erano?
...ma i Rusca, chi erano?
Como, S. Abbondio - Armigeri lombardi (XIV sec.).
Tra i casati il cui nome risuona più e
più volte nei secoli tra Lario, Ceresio e Verbano, sarebbe impossibile ignorare
i Rusca, detti anche “Rusconi”: famiglia ticinese che da Bellinzona già dal
1100 si trasferì a Como, assumendo a più riprese il titolo podestarile: vassalli "minori ma non troppo", favoriti nelle ambizioni espansionistiche da una discendenza assai
ramificata, per tutto il medioevo i Rusconi diedero filo da torcere ai loro
avversari, fino ricoprire ruoli di prestigio nel Malcantone, a Bellinzona e
perfino a Milano e Lucerna, con ruoli di primo piano in campo politico ed
ecclesiastico.
Beata Beatrice Rusca Casati col figlio Giovanni (affresco di G. A da Montonate, fine XV sec.).
Entriamo nello specifico. Sempre
presenti nelle dispute per il predominio su Como, capoluogo del Lario, ed esiliati
nel 1302 dagli odiati Vitani (o Vittani), nel 1311 i Rusconi rientrarono in possesso del
governo cittadino. Il loro ritorno decretò il definitivo tramonto delle
istituzioni comunali comasche: Franchino I, assunto il titolo di signore di
Como, instaurò un governo dispotico ma, finché i commerci erano floridi, tutto andò
a gonfie vele. Eletto nientemeno che vicario
imperiale dall’imperatore Lodovico il Bavaro, vinta un’ostica partita
tutta giocata tra potenze avverse per il dominio dei passi alpini Franchino I,
nuovo signore feudale di spicco, iniziò a battere moneta
per conto proprio. Missione compiuta: la sua discendenza avrebbe generato un
numero incalcolabile di capitani del popolo e arcipreti.
"Pegione" di Franchino II Rusca con Sant'Abbondio sul verso (1408-12):
Eppure,
solo con la vittoria di Ottone Visconti sui Torriani e il suo conseguente
beneplacito, i Rusconi ottennero il diritto di occupare Como in via ufficiosa.
L’idillio fu di breve durata: nonostante il favore ricevuto, pur di accaparrarsi anche il Sottoceneri i Rusca osarono sfidare il potente casato alleato: nel 1395, la prevedibile disfatta ruscona portò all’accorpamento del basso Ticino nelle terre ducali. Nel 1402, quando Gian Galeazzo Visconti morì di peste, lo sbando del ducato causato dai sommovimenti interni e dall'inesperienza dei suoi eredi (Giovanni Maria e Filippo Maria), ancora troppo giovani, permise ai Rusca di riprendere la personale politica d’espansione territoriale, ma il tentativo di rientrare a Como da parte di Franchino II, nipote omonimo del primo Rusca, incontrò per la seconda volta l’opposizione del clan dei Vittani.
L’idillio fu di breve durata: nonostante il favore ricevuto, pur di accaparrarsi anche il Sottoceneri i Rusca osarono sfidare il potente casato alleato: nel 1395, la prevedibile disfatta ruscona portò all’accorpamento del basso Ticino nelle terre ducali. Nel 1402, quando Gian Galeazzo Visconti morì di peste, lo sbando del ducato causato dai sommovimenti interni e dall'inesperienza dei suoi eredi (Giovanni Maria e Filippo Maria), ancora troppo giovani, permise ai Rusca di riprendere la personale politica d’espansione territoriale, ma il tentativo di rientrare a Como da parte di Franchino II, nipote omonimo del primo Rusca, incontrò per la seconda volta l’opposizione del clan dei Vittani.
Dopo la morte di Franchino II, il 1416 fu l’anno del compromesso: Lotario Rusca, ultimo signore di
Como, rinunciava al governo della città a favore dei Duchi di Milano. Inaugurata
una guerra di riconquista del Ducato sotto buoni auspici, Filippo Maria, nuovo degno erede di casa Visconti, fondò ex novo una
contea e la donò ai riottosi Rusca: era la “Val Lugano”, ambito premio la
cui assegnazione, dietro tacito accordo, era però subordinata alla riconsegna del Sottoceneri.
Forse
a quel punto sarebbero stati proprio i Rusconi, inconsapevolmente, a gettare i
primi semi per la nascita del futuro Canton Ticino?
Torre Rusca di Redde (XV sec., Canton Ticino)
Nel frattempo, chi credette che la
disputa ruscona avesse avuto il suo epilogo dovette restarne deluso: aspirando
da sempre anche alla Signoria su Locarno, dopo un lungo conflitto con i
napoletani Sanseverino, nobili forestieri o meglio capitani di ventura assetati di
guerra, introdotti da Filippo Maria Visconti al fine di instaurare un regime di
terrore in provincia, dalla prima metà del XV secolo la famiglia Rusca aveva
rinunciato definitivamente a Como ed al Sottoceneri: su pressione di Filippo
Maria Visconti, duca di Milano, Franchino
III cedette il dominio su Como e il Mendrisiotto in cambio di una terra ricca ma strategicamente più defilata: così ottenne la conferma della signoria su
Locarno, più la “varesotta” Valtravaglia con Luino, con il titolo di conti: (1438-9).
Arca funebre di Franchino I Rusca (1339, maestri campionesi)
In
cambio di tali pesanti rinunce, la famiglia Rusca riuscì a confermare il
suo dominio sullo stupendo castello di Locarno e sui suoi traffici lacustri;
nel frattempo, Luino diveniva così capoluogo del tratto di terra esteso tra
Maccagno, in mano agli alleati Mandelli, e Laveno: la necessità tra le due
località rivierasche di intrattenere rapporti commerciali diede a Luino quel
ruolo d'importanza che in passato era spettato a Germignaga.
In seguito alla morte di Filippo Maria
Visconti e alla proclamazione della breve Repubblica Ambrosiana, nel 1447 i
Rusca azzardarono ancora una volta: forse il crollo del ducato avrebbe permesso
loro di riappropriarsi una volta per tutte dell’avita Bellinzona…
Malgrado il sostegno di truppe
mercenarie svizzere, più precisamente urane e dell’ambizioso Enrico de Sacco,
signore “ticinese” della Mesolcina, il fortilizio resistette. Fu così che il rovescio militare spinse i
Rusca a contrattare con Francesco Sforza, fresco sposo di Bianca Maria
Visconti: grazie al matrimonio combinato, il più grande condottiero
dell’Italia del Rinascimento salvò la vecchia dinastia e ne ereditò il blasone
della serpe. Lo Sforza concesse ai Rusca
quanto già avevano, più la val d’Intelvi: alla ricchezza materiale accumulata
da generazioni, i feudatari comaschi di un tempo ora potevano assommare un
invidiabile peso politico nel gioco degli equilibri tra potenze maggiori e signorie
locali. Da allora ai giorni della dominazione svizzera, sotto Franchino III
(1466 †) e i figli, Pietro Antonio (1492 †) e Giovanni Nicolò (1508 †) i
possedimenti dei Rusca conobbero un periodo di tranquillità, buona
amministrazione e sviluppo artistico, improntato sui canoni del Rinascimento
lombardo.
Jakob Tschachtlan, Bellinzona assediata
Nel
1487 il vescovo Rolando consacrò il Santuario della Madonna del Carmine di
Luino, che divenne uno dei punti di riferimento della vita e della storia
quotidiana della città: ed ecco spiegato il senso del portale d'’ingresso della
chiesa, intagliato nell’arenaria rossa: in stile rinascimentale con gli stemmi
dei Rusca, feudatari dell’epoca in compagnia del biscione un tempo visconteo e
poi sforzesco che concedeva loro privilegi sulla valle, rappresenta appieno le
tendenze estetizzanti della famiglia Rusca, ispirata dal buon gusto del casato
sforzesco.
Luino, Santuario del Carmine, Cappella del Crocifisso (1544)
Con
la caduta sforzesca e il breve ma cauto passaggio delle terre lombarde, quando
Bellinzona fu conquistata dagli svizzeri (1500), Locarno divenne il baluardo
estremo del ducato di Milano. Con la pressione espansionistica dei cantoni confederati,
la sua vocazione bellica fu inevitabilmente accentuata: espressione più
evidente di questa situazione fu l’aggiunta del rivellino settentrionale,
recentemente attribuito a Leonardo da Vinci. Sotto il controllo del Giglio di
Francia, nel 1502-3, di fronte a una calata di 15.000 svizzeri il governatore
alla testa delle truppe francesi diede ai Rusca il suo sostegno. Con la Pace di Friburgo del 1516 la vita
illuminata di casa Rusca dovette cedere il passo ai secoli del cupo baliaggio
elvetico: la caduta degli Sforza estromise i Rusca anche dal numero dei
confederati Svizzeri.
Codice atlantico di Leonardo - Probabile rivellino di locarno
Detto
questo, la storia dei Rusca e della loro eredità non termina qui: anzi!
I potenti signori di un tempo, ora in
possesso della Contea di Luino, lungi dal deprimersi riuscirono a realizzare un
vecchio progetto già delineato fin dai tempi dell’inaugurazione del portale dei
carmelitani: ad un primo tentativo,
operato dall’avo Giovanni Rusca, di ottenere l’apertura di un mercato in Luino con
conseguente ostilità dei maestri sforzeschi delle entrate ducali, proprio nell’epoca
apparentemente più buia, ossia sotto il dominio spagnolo, il piano si poté infine
realizzare.
Non avendo mai perso i contatti con i Mandelli, signori del
piccolo feudo di Maccagno che a quel tempo, con il conte Giacomo, stavano
ottenendo la concessione di un mercato settimanale per buoni uffici presso
l´Imperatore Carlo V, tra il 1535 e 1541
i Rusca di Luino convinsero i governatori spagnoli a estendere anche al loro
borgo un uguale privilegio. Statuendo
che il suddetto mercato si tenesse a settimane alterne tra Luino e Maccagno,
con l’appoggio del conte Giacomo Mandelli
il 5 settembre 1541 l’imperatore decretò che anche a Luino si potesse
tenere mercato di bestiame, cereali e prodotti vari.
Bellinzona: sogno di grandezza ruscona ed ultimo baluardo ducale
Il benessere di casa Rusca al tramonto
della sua storia è ancora una volta immortalato dalle nuove imprese eseguite
nella Chiesa del Carmine: per volere di questi signori al tramonto, nel 1544 la chiesa luinese fu ampliata con
una nuova cappella oggi chiamata “del Crocifisso”, affrescata da una
bottega itinerante in uno stile in parte ancora goticheggiante, in parte aggiornato
sulle moderne istanze pittoriche tardo rinascimentali del valsesiano Gaudenzio
Ferrari:
sulle pareti sfilano l’Annunciazione, la Natività e sull’arcone figure di
Profeti. Attorno al 1655 vi sarebbe stata aggiunta una nuova Cappella, dedicata
alla Madonna del Carmine, ma nemmeno le innovazioni barocche sarebbero riuscite
ad alterare del tutto il senso dei volumi rinascimentali.
A. Ortelius (Anversa, 1528-1598). Antica mappa del Verbano, Ducato di Milano
Il 1671 fu l’anno dei legni preziosi: la
chiesa vide l’installazione di un organo, di confessionali, di un pulpito e di
una cantoria, notevoli per la ricchezza degli intagli, recentemente restaurati
e restituiti alla loro primitiva bellezza.
Testo e foto: Marco Corrìas
Bibliografia di base
Corrias, M, Il Grande Atlante del Verbano e del Canton Ticino, 2016
Frigerio P., Tracce di sistemi difensivi verbanesi nell'alto medioevo 1979
Frigerio, P., Paesaggi e paesi del lago Maggiore, 1998
Frigerio, P., Storia di Luino e delle sue valli, 1999
Pessina, C. Frigerio, P., Il gran libro del lago Maggiore, 1994
Vismara, G, Cavanna, A Vismara, A, Ticino medievale, Storia di una terra lombarda, 1990
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