Lasciata alle spalle la stazione
ferroviaria, via della Riviera si snoda in direzione della periferia pavese,
passando a lato di una chiesa che, per via dell'ubicazione defilata (il sagrato
è adibito a posteggio per i residenti), e del suo aspetto scabro, ai più passa
quasi inosservata.
Si tratta di San Salvatore (ex San
Mauro): un grosso corpo di fabbrica incompiuto la cui facciata, rivestita in
laterizi e con un grande oculo al centro, riassume stilemi di transizione tra
cultura gotica e rinascimentale (1476-1511).
La storia dell'edificio è ben più antica
della struttura attuale: nell'alto Medioevo il celebre storico Paolo Diacono vi
aveva già la testimoniato la presenza di una chiesa-mausoleo di illustri re
longobardi: Ariperto I (661), quivi seppellito con suo figlio Pertarito (692), il
nipote Cuniperto (703) e Ariperto II (712): una vera e propria dinastia
barbarica. La stessa via della Riviera, che oggi conduce alle autostrade, ai
tempi costituiva un tratto della via Francigena.
Nel X secolo San
Salvatore assunse una nuova importanza, dovuta all'impulso dell'imperatrice
Adelaide di Borgogna: già moglie del re carolingio d'Italia Lotario I, poi
dell'imperatore sassone Ottone I detto "il grande", nel 971 la
sovrana fondò ex novo chiesa e monastero annesso, dotandoli di nuove donazioni
ed esenzioni; la tutela del luogo sacro fu affidata alla congregazione dei
benedettini di San Maiolo di Cluny. Le ceneri di Adelaide, divenuta santa,
riposano ancora qui: la sua memoria è tramandata ai posteri grazie a
un'iscrizione e a una tela barocca di Gatti (1693), poste in controfacciata.
Dopo aver perso gran parte del proprio
potere, derivato dalla presenza dei re germanici in nord Italia, San Salvatore
decadde fino alla definitiva riedificazione nelle sue forme attuali, ad opera
della Congregazione di Santa Giustina da Padova.
Dal 1782 il monastero visse una nuova
fase di decadenza, dovuta alle soppressioni asburgiche. La chiesa stessa fu
sconsacrata, adibita a caserma militare nel 1860, riconsacrata nel 1901 e in
quell'occasione dichiarata monumento nazionale.
L'interno della chiesa, a tre navate, presenta una raffinata decorazione classicheggiante
databile gli inizi del XVI secolo; motivi a grottesche, fregi con angeli e
tondi e ritratti di monaci nella trabeazione, clipei con profeti negli spicchi
absidali e dottori della Chiesa nelle lunette: insieme alla spazialità interna
dell'edificio gli affreschi costituiscono elementi di modernità rinascimentale,
all'interno di un monumento che per altri aspetti rimane improntato al gusto
tardo gotico.
La prima cappella a sinistra risalta in
tutta la sua bellezza: gli affreschi giovanili del pittore Bernardino Lanzani
vi narrano in maniera briosa episodi di vita di San Maiolo di Cluny: dalla sua
opposizione ai saraceni lungo i passi alpini, alla riconciliazione di Adelaide
di Borgogna con il figlio Ottone II fino al salvataggio di un gruppo di
navigatori dai flutti del fiume Rodano, presso Avignone.
Nella quarta cappella a sinistra, altri
brani affrescati dalla prolifica bottega del Lanzani descrivono scene tratte
dalla vita di Sant'Antonio Abate: ad episodi di vita contemplativa si
sovrappone il confronto finale con il peccato, incarnato dal diavolo in
persona.
In fondo alla chiesa, sul lato destro
dell'altare maggiore si conserva un'altra cappella: spazio
appartato, ancora dominato da volumetrie gotiche, che
custodisce altri notevoli affreschi del Lanzani, più tardi, dedicati a Martino
di Tours: il celebre santo, collega di Ambrogio di Milano, tradizionalmente
effigiato nell'atto di donare il suo mantello a un povero, trascorse gli anni
della sua giovinezza proprio nei pressi di Pavia.
Il ciclo di affreschi dedicati alla vita
di San Benedetto, posti nella cappella a sinistra dell'altare maggiore, è invece
andato parzialmente perduto a causa dello scarso interesse da parte della
Sovrintendenza ai Beni Culturali: i danni, causati da infiltrazioni d'acqua,
erano già stati segnalati invano tra il 2003 e il 2008, con una serie di
seminari didattici organizzati presso il collegio Ghislieri. Attualmente anche
i chiostri rinascimentali del monastero, sono lasciati all'incuria.
Bernardino Lanzani, protagonista della
stagione pittorica del Rinascimento pavese, era nativo di San Colombano al
Lambro; apprese il mestiere quasi certamente presso la bottega del grande
Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, che proprio in quegli anni operava
per conto della corte Sforzesca. Autore di numerosi quadri e affreschi lungo la
strada tra Pavia e Bobbio, il Lanzani ottenne numerose commissioni, in
particolare da parte dei benedettini di Bobbio, che non a caso gestivano anche
il celebre monastero pavese di San Pietro in Ciel D'oro, oltre alla stessa
chiesa di San Salvatore: non si trattò di un pittore maggiore, bensì di uno fra
tanti abili artisti lombardi che si impratichirono imparando benissimo il
proprio mestiere. Celebre è la sua veduta di Pavia a volo d'uccello, affrescata
in San Teodoro nel 1524.
Testo e foto: Marco Corrias
Testo e foto: Marco Corrias