Il castello di Buccione, più noto come “torre” di Buccione, è un impressionante baluardo a vedetta sul lago d’Orta che sorge sulla cima di un promontorio al confine tra Gozzano e Orta San Giulio. Come indicano i resti archeologici attribuibili alle prime fasi della Cultura di Golasecca, la sua sommità fu già occupata nell'età del Ferro. Inizialmente faceva parte di un castrum a difesa del lago, insieme alle vedette dell’Isola di San Giulio, di Orta e Pella. Le mura attuali sorgono sulle fondamenta di una torre romana o forse longobarda, i cui scarsi resti giacciono nascosti dalla vegetazione. La cinta medievale, di pianta quadrangolare, fu invece innalzata con blocchi di granito squadrato, lavorati e messi in opera dalle stesse abilissime maestranze che nel XII secolo andavano punteggiando le Prealpi di bellissime pievi romaniche. Proprio l’aspetto dei paramenti, che non ha più nulla a che fare con le rozze mura dei castelli-recinto, ha giustamente portato ad associare la costruzione a un cantiere di “maestri comacini”: quelle stesse compagnie leggendarie di architetti e scultori che in zona eressero la magnifica basilica sull’isola di San Giulio d’Orta, col suo pulpito nero. Voluto con ogni probabilità dai signori Da Castello, dal 1200 il castello di Buccione passò a titolo definitivo ai vescovi di Novara. Nel 1205 Pietro IV vi si trasferì con le sue milizie; fu proprio allora che il complesso perse il mero carattere di vedetta per assumere quello di fortilizio con funzioni di riscossione e presidio militare sulla via che univa Gozzano alla val d’Ossola.
La torre, della stessa squisita fattura del recinto interno, s’innalza per ventitré metri, distribuiti su quattro piani collegati da soppalchi lignei. Il portale d’accesso, soprelevato di sette metri, era raggiungibile tramite una scala; il secondo e il terzo piano accoglievano una guarnigione; al quarto la cella, voltata a crociera, era il luogo da cui i soldati difendevano l'ingresso col lancio di sassi e frecce. Qui vi era una grande campana, sempre pronta ad allertare il contado in caso di pericolo: gli statuti della comunità della Riviera di San Giulio stabilivano che, al suo rintocco, tutti gli uomini validi accorressero in armi. La nuova edilizia contemplò anche la costruzione di un condotto fognario e di una caserma. Con l’aggiunta di un secondo recinto le mura andarono a cingere l’intero pianoro: capace di accogliere fino a cinquecento uomini, esso era chiamato col nome di "piazza muragliata". Fu proprio qui che, alla presenza del vescovo Pietro IV in veste di arbitro, le consorterie dei potenti conti di Biandrate e dei signori da Castello incontrarono i consoli di Novara al fine di stabilire le reciproche aree d‟influenza. Nel XVI secolo la torre risorse a nuova vita per ostacolare i mercenari svizzeri al soldo di Francesco II Sforza e dell’imperatore Carlo V.
Accanto ai Da Castello vi erano i Biandrate: forse discendenti dei Conti di Pombia, essi costituivano una potente famiglia dell‟aristocrazia rurale con feudi sparsi nel Novarese, in Val Sesia, nel Canavese e nel Vallese. A livello politico le due famiglie furono costrette a giocare di squadra per contrastare la nuova ventata anti-feudale portata dai liberi Comuni: in nome della tendenza dei ceti nobiliari con interessi comuni a fondersi, è probabile che tra loro si fossero perfino costituiti legami matrimoniali al fine di rafforzare l'egemonia sulle terre in loro possesso. Il titolo comitale permise ai Da Castello e ai Biandrate di vantare molteplici rapporti vassallatici d’interesse: se ai primi, come già detto, spettavano le terre a ovest del lago, per i secondi, contemporaneamente vassalli dell’imperatore, dell’arcivescovo di Milano, e dei vescovi di Novara, Ivrea e Torino, la molteplicità di alleanze rifletteva un più vasto ampio raggio d’azione. In un secondo tempo i da Castello e i Biandrate furono tra le famiglie più coinvolte nella complessa situazione apertasi in Piemonte nella seconda metà del secolo XII in conseguenza dell azione svolta in Italia da Federico Barbarossa: ecco perché, se ai tempi della Guerra dei Dieci Anni, si schierarono come cives dalla parte di Milano, con l’avvento dell'imperatore Federico I le due famiglie iniziarono a coltivare una politica ambigua: il nuovo mondo della società comunale e della borghesia rampante si stava affermando nei commerci e nelle attività imprenditoriali, a danno dei feudatari di campagna.
Nel 1152 Guido da Biandrate presenziò in Germania all'incoronazione del Barbarossa, sebbene nel 1157 facesse credere ai Milanesi i schierarsi dalla loro parte, a difesa di Pavia. Quando nel 1158 persuase il Comune ambrosiano a sottomettersi al Barbarossa affinché la città fosse risparmiata, quest‟ultimo gli confermò il possesso di Chieri e molti beni vescovili. Compreso il doppio gioco dei Biandrate e Da Castello e la loro posizione filo-imperiale, Milano negò loro ogni forma d‟alleanza: nel 1168 la Lega Lombarda prese e distrusse il castello di Biandrate; con la sconfitta del Barbarossa la famiglia si divise in più rami, che dovettero arroccarsi nelle loro piccole signorie di montagna, per lasciare le loro proprietà in pianura in mano dei Comuni. Per sentir nuovamente parlare di questa consorteria si dovette attendere la Pace di Buccione del XIII secolo: quella fu l’ultima volta in cui i Da Castello furono chiamati “conti”.
La torre non cadde in disuso nemmeno durante la Guerra di Successione Spagnola, quando le milizie tedesche si accamparono nel novarese e il vescovo ordinò per l‟ultima volta di ammassare la fortezza e di ammassarvi beni e scorte alimentari. Attualmente la Torre di Buccione è compresa all'interno della Riserva Naturale Speciale istituita nel 1993 dalla Regione Piemonte al fine di salvaguardare il patrimonio storico e ambientale del sito.
Bibliografia
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